Ribéry, l’uomo giusto per il rinascimento della Fiorentina

Franck Ribéry è una macchina da guerra. Ha bisogno di un po’ di manutenzione, ma è totalmente integro. In 12 anni, non ha mai avuto veri infortuni muscolari”. Garantisce Gianni Bianchi, il fisioterapista che Luca Toni aveva portato al Bayern Monaco. Ora, il francese vorrebbe che venisse con lui alla Fiorentina. L’affare è praticamente fatto, si parla di un biennale da 4-4,5 milioni di euro più bonus, facilitato dalle agevolazioni fiscali del decreto crescita sull’ingaggio di stranieri. Bianchi è un amico, ma nel giudizio non c’è solo l’affetto per un campione che in più di un decennio ha contribuito a cambiare la storia del Bayern Monaco, una squadra dove vincere è un obiettivo fisso, una laica religione, un identità che definisce i valori.

La cicatrice di Ribéry

Un campione con un segno distintivo, con quella cicatrice che ha deciso di non curare, di non cancellare. E’ una parte di lui, di un passato che non ha mai voluto nascondere ma da cui non si è mai lasciato troppo condizionare. E’ l’eredità di un incidente d’auto, è stato sbalzato fuori dal finestrino dell’auto. Il soprannome di Scarface è la più innocua delle conseguenze. Agli occhi di lo guardava, quella ferita e gli effetti che produceva sul suo viso, occupavano tutto l’orizzonte, tutto il campo visivo. Inglobava tutto il resto, addensava giudizi e critiche, sempre più pesanti. “Senza quell’incidente non avrei il carattere che ho ora. Mi ha dato forza, mi ha insegnato a reagire e ad affrontare le situazioni più dure della mia vita. Mi ha reso un uomo migliore” ha detto.

Ribéry e la banlieu

Ribéry, nato nel nord della Francia come Papin, e come JPP con un incidente d’auto a marcare l’infanzia, è un  figlio delle banlieu, come Zidane. Figlio abbandonato e adottato, cresciuto tra Boulogne-sur-Mer e il quartiere proletario di Chemin Vert, cammino verde dove raramente nascono speranze che si chiamano ragazzi, ostenta i segni di chi ce l’ha fatta. Come un’anomalia, come una rivincita sulla storia. Al Metz, nel 2004, lo paragonano a Robert Pires, che in quegli anni si guadagnava l’ammirazione d’Inghilterra nell’Arsenal degli Invincibili. Il paragone non gli piace: è più forte di Pires, dice. Non accetta il rinnovo di contratto e va in Turchia, al Galatasaray. E’ qui che iniziano a chiamarlo Scarface. Ma pure “Ferraribéry” e non è difficile capire perché.

Istanbul gli sta stretta. Vuole l’OM, la Marsiglia dei misteri di Emile Zola, la Marsiglia del Casino Totale di Jean Claude Izzo, dove “bisogna schierarsi. Appassionarsi. Essere per. Essere contro” scrive. Gela chi lo mette di fronte al paragone con Papin, al gol di JPP in finale Coppa di Francia al Monaco nel 1989.

La Francia è nelle mani sue e di Zidane ai Mondiali del 2006. L’illusione della nazione “blank, blanc, beur” si è sgonfiata dopo il trionfo di otto anni prima. Svanisce anche la speranza del titolo, finisce anche la sua permanenza all’OM nonostante  uno dei capi ultras si fosse presentato in sede a chiedere che non venisse ceduto.

Il Bayern, la nuova era

Al Bayern Monaco arriva nel 2007, da vicecampione del mondo, per 25 milioni di euro. “”I più grandi successi del Bayern negli ultimi anni sono collegati al nome di Franck Ribéry. E’ un grande artista ed è amato dai tifosi” ha detto il presidente Karl-Heinz Rummenigge, come riporta il sito della Uefa. Lo amano quasi più in Germania che in Francia.

E’ lo straniero con più presenze (422) e più titoli vinti (8) nella storia del club. Si è annunciato alla sua maniera, con un rigore alla Panenka, che solo in Italia chiamiamo cucchiaio, contro il Werder Brema. Prima perla di una collana di reti preziose, di una bellezza però mai fine a stessa. Il Bayern che completa il triplete, prima squadra tedesca a vincere Champions League, Coppa di Germania e Bundesliga nella stessa stagione (il 2012/13) ruota intorno a lui e a Robben, cui serve l’assist per il gol vittoria nella finale di Wembley contro il Dortmund. “Voleva il successo dell’intera squadra e ha messo la sua abilità individuale al servizio del bene più grande”, ha raccontato Jupp Heynckes su Kicker.

Ribéry e lo scandalo

Ribéry si ritiene “derubato” del Pallone d’Oro assegnato quell’anno a Cristiano Ronaldo. Sente di non aver abbastanza appoggio da parte dei francesi. Se fosse stato per loro, non glielo avrebbero probabilmente mai assegnato. Colpa dello scandalo scoppiato nella primavera del 2010. Il canale M6 svela che l’anno prima quattro giocatori della nazionale erano stati scoperti in un night con prostitute minorenni. C’è anche Ribéry che ammette: è vero, ho una relazione con un’escort, non sapevo fosse minorenne.

La ragazza è Zahia Dehar che dopo lo scandalo troverà diversi ingaggi da modella e lancerà la sua linea di abbigliamento intimo. L’immagine resta sporcata, come da un’altra cicatrice, un’altra ferita che nasconde quasi tutto il resto del suo cielo. E pazienza se la moglie, che l’ha spinto a convertirsi all’Islam, l’ha perdonato. C’è chi si ferma a giudicare l’apparenza, chi si limita a puntare il dito. Firenze, con la Cupola che è specchio di bellezza, tra respiri e convinzioni di grandezza, Ribéry troverà occhi pronti a fissare il lato lontano dell’arcobaleno. E scoprire un tesoro.