Inter, Lukaku racconta: dalle origini all’inchino

Romelu Lukaku si racconta. Il neo attaccante dell’Inter, arrivato nella campagna acquisti estiva appena conclusa, ha rilasciato un’intervista a Rolling Stone, di cui noi vi riportiamo un estratto. Il centravanti belga ha già realizzato 2 reti in 2 partite con la maglia nerazzurra, ma nell’ultima giornata di campionato è stato vittima di cori razzisti da parte di una frangia di tifosi del Cagliari.

Proprio in merito all’importanza attribuita al colore della sua pelle e alle origini, Lukaku ha dichiarato: Sono un fiero congolese, un belga congolese. Amo le mie origini e il posto da dove vengo. A casa con mia mamma parlo il lingala, la lingua della Repubblica Democratica del Congo, e a volte anche con mio figlio lo faccio. E’ importante tenere vive le mie radici e non dimenticare da dove arrivo”. 

La punta ha poi parlato delle figure storiche che hanno rappresentato il movimento di difesa degli uomini di colore contro gli abusi razzisti: “Se dovessi dire una personalità che mi sarebbe piaciuto incontrare, ti dico Nelson Mandela, per via della sua storia e della lotta contro l’Apartheid. Per il mio paese d’origine direi Patrice Lumumba (protagonista dell’indipendenza dal Belgio e Primo Ministro per pochi mesi, prima del suo omicidio ndr). Vorrei sapere tutto su di lui”. 

Lukaku e l’inchino

“Sin da quando ho firmato per l’Inter, c’era tanta gente eccitata dall’idea del mio arrivo. Mi contattavano, mi mandavano messaggi privati su Instagram. Da subito mi hanno incoraggiato, hanno gridato il mio nome. Con quel gesto volevo semplicemente ringraziali per il supporto che mi hanno dato da quando sono qui”, ha detto il belga sulla sua esultanza.

Sulla scelta che l’ha portato all’Inter ha concluso: “Prima di tutto è per sport. L’Inter era il club per cui volevo giocare in Italia e Conte è stato un elemento importante, oltre al fatto che sapevo della presenza di ottimi giocatori. Anche per la famiglia è stato ottimo perchè mio fratello è già qui. E’ un bel paese in cui vivere”.