L’assemblea della Lega di Serie A svoltasi ieri ha confermato spaccature tra i club sulla ripresa o meno dei campionati. Confermate anche le distanze tra le stesse società e l’Aic rispetto al taglio degli stipendi dei calciatori. In Esclusiva ai microfoni di CalcioToday.it ha parlato di questo il presidente del Lecce Saverio Sticchi Damiani
Presidente, alcune società vogliono riprendere a tutti i costi, altre invece chiuderebbero qui la stagione. Lei da che parte sta?
“In questo momento in generale non c’è tanta voglia di giocare al calcio. Tuttavia la Lega ci ha fatto capire la dimensione del danno economico cui andremmo incontro in caso di stop. Nel caso in cui l’emergenza Coronavirus venisse superata, bisognerebbe ripartire. Bisogna ricordare che il calcio è una grande industria, grazie alla quale vivono tante famiglie. Ovviamente la ripresa dovrebbe avvenire in totale sicurezza e senza andare troppo in là con il tempo per non compromettere la stagione successiva”.
Quale sarebbe secondo lei la data limite entro la quale chiudere la stagione?
“L’eventuale data di ripartenza ovviamente dipende dal Governo rispetto all’evoluzione dell’emergenza. Quella di chiusura invece deve deciderla il calcio e credo non si possa andare oltre il 31 luglio. E’ una decisione che va presa guardando anche la Uefa rispetto agli altri campionati”.
A proposito di Uefa, il presidente Ceferin ha dato un imput in base al quale chi stoppa i campionati e assegna i titoli, rischia l’esclusione dalle coppe. Non le sembra una posizione troppo rigida?
“La Uefa in realtà vuole che l’eventuale decisione di interrompere dovrebbe avvenire in modo uniforme”.
Se si dovesse chiudere ora, la Federcalcio starebbe pensando a due sole retrocessioni. Il suo Lecce sarebbe salvo, ma c’è il rischio ricorso da parte del Frosinone, terza in Serie B…
“A me interessa ciò che dice il presidente della Figc. In caso di stop il Lecce, terzultimo, sarebbe salvo, quindi questa soluzione mi farebbe comodo. Se però occorre riprendere per evitare il default del sistema calcio, sono il primo a dire sì, pur sapendo di essere tra le squadre a rischio retrocessione. Come detto, se si riparte bisogna farlo a due condizioni: sicurezza sanitaria e chiusura entro luglio”.
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L’altro nodo è il taglio degli stipendi. Lei come si pone difronte a questo problema?
“Sono in fase di attesa. Il taglio è necessario perché anche i giocatori devono contribuire, ma cambiano le modalità rispetto alla ripresa o meno del campionato”.
Come giudica il comportamento della Juventus che su questo punto ha trovato un accordo interno?
“La Juve ha tagliato le quattro mensilità restanti, un accordo giusto. Quello che ha fatto la società bianconera può rappresentare la traccia giusta per gli altri club, quando ci si siederà attorno ad un tavolo”.
In generale per salvare il calcio cosa serve?
“Il Governo può aiutare con qualche norma che permetta maggiori ricavi, per esempio permettendo la pubblicità delle società di scommesse. La soluzione principale va però trovata all’interno del calcio: le società devono essere più prudenti con gli investimenti, in particolare quelli sul mercato e rispetto agli ingaggi. Questa emergenza deve essere l’occasione per ridimensionarsi”.
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