Calcio

“Chelsea agli inglesi”: l’ultima offerta piace anche a Boris Johnson

Il primo ministro inglese Boris Johnson sta seguendo personalmente le trattative per il passaggio del Chelsea da Roman Abramovich a una nuova proprietà

Da una parte i capitali sauditi, dall’altra quelli americani. Ci sono gli indiani, un fondo nordamericano. E poi c’è l’interesse del filantropo elvetico Hansjorg Wyss, pronto a entrare in società con il proprietario dei Los Angeles Dodgers, Ted Boehly.

Il Chelsea, campione del mondo (AP LaPresse)

Ma c’è anche un imprenditore inglese pronto a svenarsi pur di evitare che il Chelsea cada in mano a finanziatori stranieri.

Chelsea, futuro a rischio

La crisi del Chelsea, alle prese con una situazione finanziaria disastrosa che potrebbe portare a enormi difficoltà la gestione del club da qui alla fine della stagione, è legata, come noto, alle vicende personali di Roman Abramovich. Il magnate russo, 15 miliardi di patrimonio personale, non può più muovere uno spillo, né spendere un penny. Un vero paradosso. I suoi documenti, le sue proprietà, sono state congelate dal governo inglese. E il Chelsea, sotto questo aspetto, non fa eccezione.

Il ruolo di Boris Johnson

Tuttavia nessuno da Downing Street, sede del governo inglese presieduto dall’ex sindaco di Londra Boris Johnson, non sembra avere alcuna intenzione di mettere ulteriormente in difficoltà la proprietà di una squadra storica, attualmente campione del mondo in carica, già allo sbando. In definitiva lo stesso Johnson, che non ha mai voluto rivelare la sua passione calcistica agli elettori, mantenendosi sempre al di sopra delle parti all’insegna del politically correct, sta facendo di tutto per fare in modo che questa fase di transizione si concluda quanto prima possibile. Anche se questo dovesse significare offrire delle deroghe e consentire dunque ad Abramovich di vendere il club nonostante il congelamento di qualsiasi transazione finanziaria che riguardi lui, personalmente, e tutte le sue properties.

Non solo, il governo in questo momento è una sorta di garante, lo si potrebbe quasi definire un advisor. Chi vuole comprare il Chelsea deve per forza passare da Boris Johnson presentando la propria candidatura e un piano finanziario rilevante e affidabile.

Tutte le offerte sul tavolo

Se ieri non si parlava altro che del Saudi Media Group, un colosso che accumula fondi arabi per oltre 600 miliardi di dollari che farebbero impallidire persino i nuovi acquirenti del Newcastle e gli emiri del Manchester City, le ultime ore hanno visto Johnson intavolare una discussione molto concreta con quello che al momento sembra essere l’unico imprenditore inglese davvero nelle condizioni di poter acquisire la società.

Si tratta di Nick Candy, 49 anni, tifosissimo dei blues, sempre presente a Stamford Bridge fin da quando il nonno lo portava allo stadio tenendolo sulle ginocchia: aveva soltanto sei anni. Quella di Candy per il Chelsea non è solo una passione, quanto piuttosto un’ossessione. Stando alle ultime indiscrezioni Candy ha presentato un’offerta diversa da tutte le altre. Non una gara al rialzo ma un progetto sostenibile, fortemente inglese e profondamente londinese, nel tentativo di riportare il club alle sue origini. E dunque lontano dai miliardi stranieri che hanno reso grandissima la società ma che in questo momento potrebbero anche causarne il fallimento.

Boris Johnson, primo ministro britannico, mediatore nella trattativa per il Chelsea (AP LaPresse)

Il Chelsea ai londinesi

L’offerta di Candy, che potrebbe essere affiancato da altri imprenditori londinesi interessati a mantenere il club in una proprietà nazionale, è inferiore rispetto alle richieste di Abramovich ma superiore, più del doppio, a quelle che sono le richieste del governo inglese. Poco meno di due miliardi di euro.

Candy, tuttavia, rifacendosi a un vecchio progetto di azionariato popolare ha garantito che nel nuovo consiglio di amministrazione i rappresentanti dei tifosi e dei piccoli azionisti avrebbero diritto a due posti, cosa impensabile durante la gestione di Abramovich.

Boris Johnson sta seguendo personalmente le trattative: al momento le offerte concrete sul suo tavolo sono sette, sei delle quali straniere. L’unica inglese, l’ultima – quella di Candy – è quella che potrebbe convincerlo a fare un ragionamento che non valuti i soldi, ma il progetto. Restituire il calcio inglese agli inglesi, un segnale in controtendenza che i tifosi potrebbero anche apprezzare.

Stefano Benzi

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