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Calcio

Butragueno e Michel: l’amicizia oltre il campo da calcio

Butragueno e Michel, le due stelle unite della “Quinta del Buitre” unite da un’amicizia che è più forte del tempo che passa

Nella gloriosa storia del Real Madrid cinque giovani talenti in erba vennero promossi in blocco in prima squadra dopo la vittoria del campionato di Segunda Division nelle fila del Castilla, la squadra riserve delle merengues.

Emilio Butragueno (LaPresse)

Quei cinque erano Emilio Butragueno, tra i più prolifici goleador nella storia dei blancos e attualmente responsabile delle relazioni istituzionali del Real Madrid, José Miguel González Martín del Campo, detto Míchel, Manolo Sanchis, Martin Vazquez, una parentesi non particolarmente fortunata al Torino, e Miguel Pardeza che, però, nel 1986 si trasferì al Saragozza.

Del resto, il giornalista de “El Pais”, Julio César Iglesias, con il suo articolo intitolato “Amancio y la quinta del Buitre” aveva acceso i riflettori sui cinque. Da qui la locuzione con cui da allora quel gruppo di fenomeni è conosciuto, la “Quinta del Buitre“, la “Coorte dell’avvoltoio“, dal soprannome affibbiato, giocando anche con il suo cognome, a Butragueno, un vero rapace dell’area di rigore.

Michel: “L’amicizia è il segreto del nostro successo”

Emilio Butragueno, il leader della “Quinta del Buitre” (Ansa)

Butragueno e Michel erano le stelle di quella fenomenale generazione di blancos. I due si completavamo a vicenda. Il primo era un goleador implacabile, un attaccante che si fiondava, come da soprannome, come un avvoltoio su ogni pallone che transitava per l’area di rigore avversaria mentre Michel era il suo partner ideale, l’uomo dell’ultimo passaggio.

Un’intesa che travalicava il campo da calcio tanto che, intervistato da “Golden Foot”, Michel non ha avuto dubbi nell’indicare nell’amicizia la chiave del successo della “Quinta de Buitre” che in un decennio arricchì la bacheca della Casa Blanca con 6 campionati, 2 Coppe del Re, 4 Supecoppe di Spagna e 2 Coppe Uefa.

“Eravamo caratterialmente, socialmente e culturalmente diversi ma condividevamo l’amore per il Real Madrid. La prova di ciò che ancora oggi continuiamo ad essere amici, condividiamo gli interessi e usciamo insieme a mangiare con le nostre rispettive famiglie”.

Un’amicizia che è più forte del tempo che passa e che contribuisce ad addolcire il rammarico per l’unico trofeo che quel gruppo di talentuosi blancos non è riuscito ad alzare al cielo, l’allora “Coppa dei Campioni”, avendo sempre trovato la strada sbarrata dal leggendario Milan di Arrigo Sacchi e del trio orange Marco Van Basten, Ruud Gullit e Frank Rijkaard.

Luigi Pasquariello

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