Andrea Dossena ESCLUSIVA: “Dopo la Juve c’è l’Inter. Il Napoli mi ha deluso: Allan va recuperato”

Andrea Dossena
L’ex esterno di Liverpool, Napoli e Palermo Andrea Dossena a CalcioToday fa il punto dopo la sosta
Dove eravamo rimasti? Ancora lì, piantati nella notte di San Siro che ha riconsegnato la corona alla Juventus e sui malanni del Napoli, alla ricerca dell’equilibrio perduto, di un’identità ancora troppo debole. Tirare le somme ancora non si può ma le prime impressioni danno le linee guida di un provvisorio bilancio di questa serie A che sembra piacere molto ad un suo “vecchio” protagonista, Andrea Dossena, azzurro partenopeo e azzurro nazionale, ex, tra le altre, di Palermo, Liverpool e Udinese, intervenuto in ESCLUSIVA ai microfoni di CalcioToday.it per parlare diffusamente di campionato e lotta scudetto, con un approfondimento sul momento no attraversato dalla squadra di Carlo Ancelotti.
Si riparte con la Juve in testa e le altre ad inseguire: la storia rischia di ripetersi o Napoli e Inter possono avere ancora delle chance?
“Non c’è nulla di deciso, questo sarà un campionato emozionante. Credo molto nell’Inter, nel lavoro di Conte. Queste due settimane di pausa gli saranno servite tantissimo per curare i dettagli, per lavorare bene con il gruppo anche se un paio di giocatori sono tornati acciaccati dagli impegni con le nazionali. La sua voglia di farcela, di non mollare mai, già si legge negli atteggiamenti della squadra, nello spirito con il quale i suoi giocatori scendono in campo. Secondo me è la principale rivale della Juventus. Il Napoli non lo taglio fuori, sarebbe prematuro, ma mi aspettavo una partenza sprint con Ancelotti al suo secondo anno in panchina, invece gli azzurri stanno andando a rilento. La società ha fatto un grande mercato, Lozano va aspettato, Manolas è un autentico pezzo da novanta ma qualcosa continua a non funzionare”.
Cosa sta mancando agli azzurri?
“Analizzare la situazione del Napoli non è semplice. Ci sono giocatori che hanno subito un calo di rendimento, penso ad esempio ad Allan, reduce da una stagione straordinaria. L’anno scorso, su dieci palle perse dai compagni, ne recuperava almeno otto mentre adesso sta facendo moltissima fatica. Il brasiliano è un elemento fondamentale, se non gira lui la squadra non ha equilibrio e la difesa resta inevitabilmente scoperta. Per ritrovare serenità, per ottenere la quadratura del cerchio, a mio parere, sarebbe forse utile cambiare meno, dare un po’ di stabilità e di certezze alla squadra. Da ex calciatore, penso che questa possa essere una buona soluzione per venir fuori da momenti un po’ difficili”.
Ritieni che il Napoli non abbia assorbito appieno la filosofia di gioco proposta da Ancelotti?
“Da Sarri ad Ancelotti, il Napoli ha cambiato completamente spartito. Con l’attuale tecnico della Juventus, gli azzurri privilegiavano l’organizzazione di gioco ma chiaramente erano più prevedibili sotto alcuni aspetti, le squadre avversarie sapevano cosa si sarebbero trovate di fronte mentre la squadra di Ancelotti è meno riconoscibile, più camaleontica, punta molo sulle qualità dei singoli. Ogni filosofia ha dei pro e dei contro. Adesso un ruolo importante spetta anche alla società, perché se l’allenatore viene messo in discussione la squadra lo percepisce, soprattutto quegli elementi che giocano meno e che magari vorrebbero trovare più spazio”.
Insigne in ombra con il Napoli e protagonista in nazionale: questione tattica o ambientale?
“Lorenzo ha tratto tanto da Sarri, lo ha completato come calciatore. Con Ancelotti ha cambiato un po’ di posizioni, da attaccante centrale, l’anno scorso, stava facendo anche bene. A mio avviso sta pagando più degli altri il rendimento sotto la media del collettivo. Lo vede bene ma ha bisogno che la squadra giri al massimo per esaltarsi e per fare la differenza”.
La nazionale italiana ha “accolto” anche Di Lorenzo: da collega di ruolo (seppure mancino) che idea ti sei fatto su questo ragazzo?
“Forse nemmeno lui si aspettava di avere un impatto così positivo con il Napoli, alla sua prima esperienza in un grande club. Con l’applicazione e con il lavoro è arrivato a giocare ad alti livelli e magari può crescere ancora. È arrivato tardi in serie A, forse non è stato stimolato a dovere dai tecnici che ha avuto all’inizio della carriera ma è anche vero che i tempi di maturazione non sono sempre gli stessi perché ognuno ha il suo background”.