Uruguay, Tabarez da Guinness dei Primati: la carica delle 201 panchine

Uruguay, Tabarez nel Guinness dei Primati: la carica delle 201 panchine
Uruguay, Tabarez nel Guinness dei Primati: la carica delle 201 panchine

Oscar Tabarez toccherà le 201 panchine da ct dell’uruguay. L’amichevole con l’Ungheria diventa l’occasione per celebrare un maestro del calcio uruguayano, entrato nel Guinness dei Primati come allenatore che più di tutti nel mondo ha guidato la stessa selezione nazionale.

Tabarez, l’uomo del cambiamento in Uruguay

“Non sto bene ma lotto. Ogni sfida mi tiene vivo”, ha detto al momento di rinnovare il contratto fino al 2022 nonostante la sindrome di Guillain-Barré, la malattia neuro-degenerativa per cui ai Mondiali 2018 ha diretto gli allenamenti in carrozzina e seguito le partite appoggiato a una stampella.

Tabarez, che ha insegnato educazione e rispetto ai ragazzi nelle scuole dei barrios poiù poveri di Montevideo, “ha portato il grande cambiamento di cui l’Uruguay aveva bisogno” ha ammesso l’anno scorso Wilmar Valdez, ex presidente della federazione.

Come nella migliore tradizione, è un uomo di calcio che non sa e non parla solo di calcio. Ha chiamato sua figlia Tania, come la storica compagna di Che Guevara. E’ convinto che il calcio possa aiutare a migliorare salute e istruzione di una nazione, e di conseguenza il suo sviluppo che non si misura solo attraverso il prodotto interno lordo. Quando ha esordito sulla panchina della nazionale uruguayana nel 1988, ha voluto che a parlare ai giocatori fosse il grande giornalista e scrittore Eduardo Galeano per un discorso infarcito di riferimenti a Dostojevskij e Victor Hugo.

Le due esperienze di Tabarez in nazionale

Tabarez ha lasciato una prima volta l’Uruguay dopo i Mondiali del 1990 in Italia. Ha portato il Cagliari in Coppa Uefa, di fatto ha fallito al Milan, è rimasto senza allenare per quattro anni dopo le esperienze all’Oviedo, al Velez Sarsfield e al Boca Juniors. Tra il 1991 e il 2005, la Celeste ha cambiato 13 allenatori, quasi uno all’anno, senza uscire dalla ripetizione degli stessi errori. Poi ha avuto bisogno del Maestro, rientrato a maggio 2006, un mese prima del Mondiale per cui l’Uruguay non era qualificato. “La prima cosa da fare era capire le possibilità dell’Uruguay nel contesto calcistico moderno, che è molto diverso dall’inizio del Novecento quando l’Uruguay dominava il mondo per mezzo secolo” spiegava nel 2013 in una lunga intervista per The Blizzard.

L’Uruguay, nazione da esportazione di talenti, non poteva più permettersi il lusso di vivere sul ricordo del passato e sul mito fondativo e letterario della garra charrua. Da quel momento, Tabarez cambia volto al calcio in Uruguay.

Il suo ritorno è accompagnato da un piano per l’Istituzionalizzazione dei processi della nazionale e dello sviluppo dei giocatori. Il progetto parte dalla costruzione di un nuovo centro tecnico. Tabarez prende il meglio dell’organizzazione delle grandi squadre come il Barcellona e impone che tutte le nazionali giovanili lavorino e giochino come la prima squadra.

Il metodo del “Maestro”

Parla alla persona per esaltare il calciatore. Perché non esistono i giocatori ideali, dice, e un allenatore può essere leader solo se riesce a guidare la realtà. Li fa sentire parte di un grande progetto, ne ottiene una partecipazione di superiore intensità, un’applicazione più convinta. Il Maestro ha vinto la Copa America del 2011 e guidato la Celeste negli ultimi tre Mondiali. Da zero, ha reso l’Uruguay una nazionale rispettata nel mondo. “I migliori” ha detto, “non sono necessariamente quelli che vincono, ma anche quelli che fanno qualcosa per primi”. Sono le figure come Tabarez, che guida e non comanda. Un maestro che ha sognato una strada e ha deciso di percorrerla fino al punto esatto in cui si spegne.

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