Coppe inglesi, la formula più bella e imprevedibile non si tocca

Le coppe inglesi rappresentano un esempio fantastico di come l’imprevedibilità di sorteggi e la motivazione di piccoli club cambiano tutto

La FA Cup con i colori dell’Arsenal che ha vinto l’edizione dello scorso anno (Getty Images)L’Inghilterra come vuole la tradizione apre il nuovo anno con tanti scontri di coppa estremamente interessante e si prepara ad assegnare il primo trofeo del 2021.

Coppe Inglesi, si entra nel vivo

Si tratta della EFL Cup, la Coppa di Lega, che il 25 aprile vedrà di fronte Totteham e Manchester City.

Entra nel vivo anche la FA Cup, la coppa federale, che si appresta a giocare gli ottavi con sfide interessanti con tante squadre che da anni dai campionati inferiori non arrivavano a giocare così in alto. Di Premier League sono rimaste in corsa solo Arsenal, Wolverhampton, Sheffield United, West Ham, Manchester United e Liverpool che per altro si affronteranno tra di loro. Sei squadre del massimo campionato su sedici. Mica tante.

La formula del sorteggione aperto e senza protezione per nessuno, capiti quello che capiti, è sempre la più amata. Quella del draw classico, quello che viene definito il ‘tennis giallo’ con abbinamenti fissi dai sedicesimi di finale in poi, è sempre e comunque ricco di grandi sorprese.

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Tradizioni che pesano

Gli inglesi sulle tradizioni sono molto rigorosi. E se il loro format è a tutt’oggi così bello e avvincente, se le coppe nazionali in Inghilterra sono addirittura due (coppa di Lega e Coppa d’Inghilterra), se a dispetto della volontà dei club più ricchi e delle televisioni queste competizioni non mai cambiate, se non in meglio, un motivo dovrà pur esserci.

L’Italia, dal canto suo, non è mai riuscita a far appassionare i suoi tifosi alla Coppa Italia. Ogni anno diversa, in tono sempre più dimesso – mai come quest’anno ma per via della pandemia – la seconda competizione di lega italiana sembra essere sempre un riempitivo che comincia a pesare qualcosa (forse), solo con le semifinali.

La si celebra solo quando la si vince. Chi la perde la ritiene un’assoluta perdita di tempo. Eppure da anni si parla di un rilancio di questa competizione. A pensarci bene, in fondo, basterebbe copiare da chi, da sempre, rende la coppa nazionale un motivo di vanto e di successo.

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Il Cupset…

In Inghilterra la coppa è considerata la rivincita delle cenerentole che almeno una volta all’anno, e nemmeno tutti gli anni, possono davvero sognare. Tanto che i media inglesi hanno coniato un termine per definire il capitombolo delle favorite di fronte alle outsider che arrivano dai campionati minori. Si chiama Cupset: upset è il disappunto. Il gioco di parole rende persino in italiano.

Un esempio pratico recente. Domenica scorsa il Leeds United ha preso tre gol dal modestissimo Crawley Town, squadra di League Two (un estenuante campionato unico a 24 squadre il cui livello è simile a quello della nostra vecchia C2. Il venerato Marcelo Bielsa ha stretto la mano agli sconosciuti Nick Tsaroulla, Ashley Nadesan e Jordan Tunnicliffe che hanno rimbambito ed eliminato i suoi giocatori che nella classifica inglese soggiornano 62 posizioni sopra il Crawley.

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Il Cupset eccellente

E questo riporta alla memoria imprese straordinarie che rendono il titolo del Leicester di Claudio Ranieri una bambinata. Come nel 2013, quando il Wigan Athletic, che di lì a poco sarebbe retrocesso, vinse la FA Cup battendo in finale 1-0 il Manchester City di Roberto Mancini, 250 milioni di euro in acquisti. Gol decisivo di testa di Ben “gingerHead” Watson.

Per non fare torto a nessuno vale la pena ricordare anche la vittoria in FA Cup, terzo turno del 1992, dei gallesi del Wrexham (quarta divisione di allora), sull’Arsenal. Il tutto in rimonta, con due gol nei dieci minuti finale. Calcio di punizione di Thomas e gol di testa di Watkins per il 2-1 conclusivo.

O il trionfo del Milwall, nella semifinale di FA Cup del 2004 sul Sunderland con un gol strepitoso di un allora ancora poco conosciuto Tim Cahill. O quello più recente del Bradford (League One) a Stanford Bridge, sedicesimi di finale del 2014, contro un Chelsea che quel trofeo l’ha vinto cinque volte nei dodici anni di proprietà di Roman Abramovich. Chelsea in vantaggio 2-0; poi rimonta con i gol di Stead, Morais, Halliday e Yeates.

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God save the Cupster, dicono i media inglesi. Perché non c’è niente di più bello di Cenerentola che sporca il vestito della ricca ereditiera. Basta darle un’occasione. In Inghilterra questo succede ancora e nessuno ha intenzione di cancellare questa opportunità che da noi viene considerata una semplice perdita di tempo.

Il Wrexham batte l’Arsenal nella FA Cup del 1992 (l’Arsenal gioca con la maglia gialla)

 

Il Manchester City perde la finale di FA Cup dal Wigan Athletic