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Calcio

Guerra Ucraina, dramma Kovalenko: “Purtroppo la mia famiglia…”

Viktor Kovalenko racconta il suo dramma dopo lo scoppio della guerra in Ucraina: la confessione sulla famiglia è straziante.

In questo momento ci sono sicuramente più cose importanti del calcio. Lo sa bene Viktor Kovalenko, coinvolto emotivamente dalla drammatica situazione in Ucraina dopo lo scoppio della guerra. Il centrocampista dello Spezia sta rispettando il contratto e continua a scendere in campo, ma il pensiero è sempre rivolto alle vicende della sua nazione.

Viktor Kovalenko, il dramma per la guerra in Ucraina (LaPresse)

Il mondo sta vivendo un periodo storico davvero delicato dove ogni giorno perdono la vita persone innocenti a causa di un conflitto assurdo. L’offensiva lanciata dalla Russia continua senza sosta e nessuno al momento è stato in grado di fermarla.

Gli attacchi brutali dell’esercito di Putin stanno facendo numerose vittime anche tra i civili e la situazione è sempre più tesa. C’è la paura che lo scontro posso allargarsi ad altri paesi arrivando a un punto di non ritorno. Al momento però l’unico paese a pagare le conseguenze è  l’Ucraina, protagonista di un’eroica resistenza che però non potrà mai bastare per difendere tutti i cittadini.

Kovalenko vive nel terrore: “Non riesco a dormire”

Viktor Kovalenko, il dramma della famiglia in Ucraina (LaPresse)

Come Malinovskyi, anche il connazionale Kovalenko sta attraversando un momento difficile della sua vita. I due giocatori di proprietà dell’Atalanta sono gli unici ucraini della Serie A e c’è tanta sofferenza nella loro quotidianità.

Lo dimostrano le parole del classe ’96, quest’anno in prestito allo Spezia, che ha raccontato alcuni terrificanti retroscena ai microfoni della “Gazzetta dello Sport”. Una confessione personale molto toccante che coinvolge anche la sua famiglia, costretta a fare i conti da vicino con la guerra: “Ora sarebbe troppo pericoloso scappare. In quella zona i russi sparano se vedono passare una macchina, non importa se dentro ci sono bambini o donne. Per farlo bisogna superare tre posti di blocco, è impossibile uscire vivi”.

Uno scenario straziante che comunque i suoi genitori non prenderanno mai in considerazione: “Come tanti ucraini non vogliono lasciare casa perché sai che al ritorno non troverai nulla. L’unica scelta è restare e difendere la tua vita magari anche con le armi. Mio padre ha un fucile ma spera di non usarlo. Sono molto preoccupato, non riesco a dormire”.

Matteo Sfolcini

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Matteo Sfolcini

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