L’operazione “Last Banner” prosegue e gli ultrà bianconeri coinvolti vengono ascoltati per cercare di ricavare qualche indizio ulteriore sull’intricata vicenda e fare luce su ogni misfatto: è toccato anche a Dino Mocciola, uno dei capi della curva bianconera, che non ha parlato. Si è avvalso della facoltà di non rispondere, l’uomo – che attualmente si trova in carcere a Ivrea – è stato convocato per l’interrogatorio di garanzia. Quanto prima il suo legale presenterà l’istanza di scarcerazione al tribunale del riesame: il capo dei Drughi conosce bene la detenzione, era già stato carcerato vent’anni (nel recente passato) in seguito ad una rapina finita male dove a rimetterci la vita fu un carabiniere.
Sull’uomo ora pendono le accuse di associazione a delinquere, tentata estorsione e consumata ai danni della Juventus, violenza privata aggravata e autoriciclaggio. Inoltre, all’interno dell’operazione “Last Banner”, riecheggia un nome tristemente noto in casa Juventus: Ferramosca, come il giovane del vivaio bianconero annegato il 15 dicembre 2006 a 17 anni assieme a Riccardo Neri nel laghetto di Vinovo. Suo padre, attualmente, collaborerebbe a qualsiasi livello con il capo dei Drughi: nelle intercettazioni telefoniche, emerse negli ultimi giorni, c’è anche la sua voce. Al centro di un piano diabolico che avrebbe voluto estorcere illecitamente biglietti e privilegi di ogni sorta alla Juventus.
L’uomo è molto rispettato tra i tifosi bianconeri che proprio recentemente hanno ricordato il figlio scomparso, Alessio. In questi giorni avrebbe compiuto 30 anni. Ferramosca è una personalità di spicco non solo fra gli spalti dell’Allianz, ma anche nel calcio dilettantistico piemontese: rimasto ormai solo, la moglie Angela è scomparsa da poco, dopo aver dedicato una vita alla Onlus “Riccardo e Alessio”, dovrà difendersi dalle pesanti accuse che sono emerse negli ultimi sviluppi di una vicenda sempre più ingarbugliata e criptica a cui, di volta in volta, si aggiunge un tassello.
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