“Tra me e Arrigo Sacchi non c’era feeling. Mi sembrava disonesto nei rapporti umani“. Così Marco Van Basten, intervistato per 7, il settimanale del Corriere della Sera in edicola domani in occasione dell’uscita in Italia della sua biografia “Fragile“, ritrae il tecnico del Milan che ha cambiato il volto della Serie A. “Quando non era contento degli allenamenti se la prendeva con i giovani e con i più deboli, che magari erano anche quelli che tiravano il gruppo” ha detto l’olandese.
Arrivato in rossonero nel 1987 insieme a Ruud Gullit, forte di 152 gol in carriera all’Ajax, van Basten darà il suo addio al calcio a Milano nel 1995. In rossonero ha segnato 125 reti, vinto praticamente tutto, compresi tre Palloni d’Oro e due titoli di capocannoniere della Serie A. “A Milano mi sentivo come se fossi parte della famiglia. Insieme abbiamo vissuto una vita intera” ha detto. “A Milano mi avete visto nascere, come giocatore e come uomo. Mi avete visto crescere. E purtroppo avete visto la mia fine“.
Il Cigno di Utrecht confessa di aver creduto che la sua carriera sarebbe durata molto più a lungo, che avrebbe continuato a giocare fino a 38 anni. Ma non è stato così. Una volta tornato da allenatore all’Ajax, si è trovato di fronte un ragazzo con aspirazioni di grandezza non troppo diverse dalle sue. “Sei van Basten, mi disse passandomi la palla, fammi vedere cosa sai fare” ha raccontato. “Ma io ormai non potevo più muovere la caviglia. Chi era? Sono sicuro che lo conoscete. Si chiamava Zlatan di nome, e di cognome Ibrahimovic“.
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