Il Deportivo la Coruna, sprofondato nell’Inferno dei Vivi

Vent’anni fa il Deportivo La Coruna vinceva il campionato spagnolo. L’anno dopo si prendeva anche la Copa del Rey a spese del Real Madrid, con una straordinaria vittoria. Oggi la storia è molto diversa…

Deportivo La Coruna
Lo stadio Riazor, splendida casa del Deportivo La Coruna (Foto Deportivo La Coruna FC)

Ma oggi quel Depor, di fatto, non esiste più. O meglio, esiste ancora nonostante tutto: e tra mille problemi.

Il fallimento del Deportivo La Coruna

Quel club è fallito, retrocesso due volte, e oggi è sprofondato in terza divisione (la Segunda B spagnola). Ufficialmente si tratta di una squadra semiprofessionistica perché in Spagna, dalla terza divisione in giù si è considerati dilettanti e si risponde alle normative non della federazione centrale ma delle organizzazioni locali.

La squadra è stata allestita con pochissimi soldi: dei sedici trasferimenti in ingresso due sono rientri da un prestito, altrettanti sono prestiti gratuiti, tredici sono arrivi a parametro zero. In tutto il Depor ha investito 50mila euro sul mercato. Di più non si poteva. E’ partito anche Michele Somma, difensore italiano molto amato in Galizia: ora gioca nel Palermo.

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Pochi soldi

Il valore della squadra è poco inferiore ai 10 milioni di euro. La squadra è in grandissima difficoltà. Tutto è assurdo: 20mila abbonati in uno stadio che ne tiene quasi il doppio, ma in un campionato dove la media è di 1500 spettatori a partita. Tra i nomi di un certo peso c’è Keko (in passato a Grosseto e Catania) ma soprattutto l’uruguaiano Diego Rolan, 1.5 milioni di euro per il cartellino e 300mila euro all’anno di ingaggio. Dove il rimborso medio di un giocatore (se e quando viene pagato) è di 1200 euro. É rientrato da un prestito e il club sta disperatamente cercando di venderlo.

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L’inferno dei vivi

Fran Gonzalez, l’uomo che alzò l’ultimo trofeo del campionato, oggi è il responsabile del settore giovanile del club con il quale il Deportivo sta lentamente cercando di ripartire. Al Riazor, dove sono caduti Milan e PSG, Manchester United, Bayern Monaco e anche Juventus, il museo del club continua a fare più pubblico e vendere moltissimo in gadget e oggettistica ufficiale.

Il Deportivo ha pagato a caro prezzo le ambizioni di una dirigenza che voleva essere competitiva con le grandi polisportive nazionali e che decise di fare la guerra a Real Madrid e Barcellona: un debito enorme, ogni anno più grande, fino al crack definitivo. Il club da allora si è rifondato, due volte: ma i tempi sono sempre più duri. Nel 2018 il club aveva sfiorato il ritorno nella Liga: ma un playoff perso contro il Mallorca e un pallone finito fuori di un nulla su un colpo di testa di Pablo Mari, è costato un’altra stagione in Segunda. L’anno dopo altra retrocessione in Segunda B definito “l’inferno del vivi”, 102 club alle prese con economie debolissime e un torneo macchinoso per risollevarsi dal quale occorre non sbagliare praticamente nulla.

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Deportivo La Coruna
Una delle ultime partite di Liga giocata al Riazor dal Deportivo La Coruna, contro il Barcellona (Getty Images)

Lo scandalo Fuenlanbrada

A tutto questo si è aggiunta la beffa: il COVID-19 che ha duramente colpito la Spagna e in particolare la Galizia. Il Deportivo sta anche affrontano una vicenda legale emblematica che probabilmente non porterà da nessuna parte. Lo scorso anno la partita che poteva significare il ritorno in Segunda, l’ultimo match di campionato contro il Fuenlabrada, non si è svolto a casa di un focolaio nel club avversario. La Lega aveva imposto al Fuenlabrada di mettersi in viaggio e giocare: le autorità sanitarie hanno messo i giocatori in quarantena in albergo. Niente partita. E il Depor è rimasto in Segunda B.

Un vero e proprio scandalo aggravato dal fatto che in Segunda ci è finito propro il Fuenlabrada. Il cui presidente si era dichiarato tifoso del Deportivo (è anche abbonato al Riazor) e che l’avvocato del club sia il figlio di Javier Tebas, il presidente della Liga. La beffa è stata che la partita è stata riconvocata quando i giocatori erano in ferie e il campionato era ormai concluso. La causa va avanti ma il campionato ormai è agli archivi.

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Al Riazor non si arrendono

L’inferno dei vivi è un incubo: 10 gironi, venti raggruppamenti, tre fasi, girone all’italiana, spareggi di gruppo, ulteriori spareggi nazionali: per salire in Segunda bisogna essere tra i primi quattro. Chi riesce ad arrivare alla fine gioca qualcosa come 70 partite… Dei 20mila tifosi abbonati al momento al Riazor possono trovare posto non più di mille: inizialmente spettatori il limite era di 3400 posti ma è stato ulteriormente ridotto.

Il cerimoniale di una partita è molto diverso rispetto alla Liga: niente ritiro, niente pullman. I giocatori arrivano in auto da casa e parcheggiano nel grande piazzale davanti al mare. Salutano i tifosi e vanno negli spogliatoi: poi si aprono i cancelli. Temperatura, autocertificazione, controlli… spazi giganteschi nell’enorme Riazor tra un tifoso e l’altro. I cori risuonano come se avessero il silenziatore: cantano “Pasan los Anos” e “Te quiero” dicendo che il Deportivo non si arrende mai e che nessuno abbandonerà il club, nemmeno in Segunda B.

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Un nuovo inizio

La squadra domenica ha fatto il suo esordio e ha vinto: una vittoria da infarto, come si usa al Depor. Gol al 96’ del francese Beauvue per il 2-1 sul Salamanca USD. I tifosi, quasi tutti e i mille presenti, hanno accompagnato i giocatori alle macchine in un clima di grande festa. Ma è solo la prima giornata.

É  lunga la strada per sopravvivere all’Inferno dei vivi.

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