Edouard Mendy, quando un invisibile diventa protagonista

Il calcio di oggi offre sempre di più notizie diffuse fino allo sfinimento che non sono di alcun interesse mentre altre che meriterebbero di essere raccontate non le calcola nessuno, come quella di Edouard Mendy.

Io sono decisamente alla ricerca di queste ultime: storie di riscatto, di outsider, di perdenti. Ogni tanto persino a lieto fine.

Edouard Mendy, il portiere invisibile

Emblematica in questo senso è la vicenda del portiere senegalese Edouard Mendy. Un giocatore che ha attraversato un tunnel impensabile prima di trovare un contratto nientemeno che con il Chelsea. Il suo contratto è costato quasi 20 milioni di euro. Ma non ci sarebbe nulla di strano se oggi Mendy lavorasse in un autolavaggio, o come rider, o come operaio. Il suo destino, sei anni fa, doveva essere questo.

É  il 2014: Mendy  è uno dei portieri più promettenti del Campionato Nazionale di Francia: gioca nello Cherbourg in quella che potrebbe essere considerata la nostra Serie D. Lo vanno a vedere in tanti: St.Etienne, Marsiglia, Lille. Ma non lo prende nessuno. Il ragazzo, nato in Francia a Montvilliers da mamma senegalese e papà della Guinea Bissau, ha un grande futuro. Ma nessuno sembra volerlo aiutare. Un’agenzia si occupa del suo contratto, e lo molla. Poi arriva un procuratore che gli promette grandi ingaggi. E scompare. Il Cherbourg non può più tenerlo, ha deciso di puntare su due giovani del vivaio. E la sua carriera sembra essere finita prima ancora di cominciare.

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La vita dura

Edouard, che è sposato e in attesa di un figlio, sbarca il lunario come può: a un certo punto si rassegna anche a chiedere il sussidio di disoccupazione pur di continuare ad allenarsi e offrirsi a qualsiasi squadra abbia bisogno di un portiere.

Mendy è uno dei tanti giocatori ‘senza bandiera’: non hanno un club, un procuratore, un agente… sono sospesi tra le promesse e la realtà delle cose. Una condizione difficilissima e molto rischiosa perché molti dei cosiddetti svincolati entrano in depressione, rinunciano. E finiscono per non giocare mai più.

Edouard però non è disposto ad arrendersi: non vuole stare ad aspettare una telefonata che potrebbe anche non arrivare. E decide di tornare a casa, nel club dov’è nato… a Le Havre. La squadra titolare non ha bisogno ma Edouard, cui tutti vogliono molto bene, trova un piccolo appartamento dove vivere con la moglie in dolce attesa e fare l’unica cosa che sa fare. Il portiere.

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Edouard Mendy
Edouard Mendy alla sua prima stagione nel Chelsea (Getty Images)

Fuori dal tunnel

Si allena con le riserve, fa qualche lavoretto: il suo non è un ingaggio da professionista ma un piccolo rimborso spese. Lui si allena tutti i giorni, due volte al giorno. Poi va a dare una mano all’allenatore della squadra giovanile. Si tiene impegnato, dispensa consigli e ripete il suo mantra “se vuoi il bene devi fare del bene”.

Passano quattro mesi: “Il sussidio era l’unica cosa che mi consentiva di continuare a dedicarmi completamente al calcio. Ho fatto decine di telefonate, parlato con centinaia di persone, ho aspettato per molti, molti mesi. Ma non ho smesso un solo stante di crederci e di sperarci”.

Fino a quando una telefonata lo chiama a Marsiglia, per giocare con le riserve offrendogli un contrattino. Non è il sogno di una vita ma è uno stipendio. E le cose si muovono di nuovo: Mendy inizia a mettersi in mostra, gli agenti tornano a farsi sentire, il suo cartellino viene proposto al Reims che lo mette sotto contratto per due anni, a parametro zero. Stipendio da 80mila euro.

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La svolta

Edouard torna a Le Havre e dona una cifra alla squadra giovanile locale, per aiutare i ragazzi che come lui restano con i sogni e senza uno stipendio. Poi incomincia a giocare. E lo fa alla grande. Dopo tre anni nel Reims, con una promozione in Ligue 1 della quale è grande protagonista, passa per 9 milioni di euro al Rennes e dopo un solo anno in Bretagna il Chelsea lo prende a 20 milioni di euro, contratto da 900mila euro a stagione (più i premi) per cinque anni.

Edouard ritorna a Le Havre e lascia un altro contributo alla causa dei giocatori dimenticati, come quello che era lui solo pochi anni prima… “Se qualcuno mi avesse detto sei anni fa, quando non avevo un club, che sarei arrivato al Champions League, non mi sarei nemmeno preoccupato di guardarli o ascoltarli. Ero convinto a smettere, a lasciare tutto. Ma mia moglie mi ha detto di non mollare e non ho mollato. Anche a Le Havre tutti mi hanno detto di non mollare, che avrei ottenuto quello che meritavo. Non mi sono mai allenato così duramente come in quel periodo in cui sono stato senza contratto. Non giocare è stato un incubo. Ma ora… è tutto diverso”.

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Black Miracle

A chiamarlo al Chelsea è stato Petr Cech, direttore tecnico del club, ex bandiera dell’Arsenal, suo grande estimatore. Anche lui in passato era stato al Rennes e i dirigenti del club gli avevano raccomandato questo portiere così atipico, coraggioso e generosissimo. Cech, che è ancora inserito nel roster come portiere aggiunto, si allena tutti i giorni con Mendy che i tifosi del Chelsea hanno soprannominato Black Miracle. Tra i pali qualche prodezza miracolosa la compie. Ma il vero miracolo è stato uscire dalla squadra degli invisibili per permettersi un attico con vista su Hyde Park nel cuore di Londra… Un miracolo del quale lui ringrazia ogni giorno: con un modesto assegno ai ragazzi invisibili di Le Havre. E senza farlo sapere in giro.

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Edouard Mendy
Mendy, acquistato dal Chelsea per 20 milioni di euro (Getty Images)