Mai dire Gol, 30 anni di gollonzi e fenomeni parastatali: storia di un programma cult

Mai dire gol, andato in onda per la prima volta il 19 novembre 1990, ha cambiato il modo di parlare e di ridere del calcio. La Gialappa’s band ha inventato un genere e un linguaggio

Mai dire Gol, gollonzi e fenomeni parastatali: storia di un programma cult
Mai dire Gol, gollonzi e fenomeni parastatali: storia di un programma cult

Tre burattinai bastano a prendere in giro il calcio, il suo linguaggio, i suoi campioni celebrati e i bidoni enfatizzati. Uno specchio deformante sul pallone, per riderne e restituirlo a una dimensione umana, troppo umana. E’ la grande scommessa televisiva che va in scena per la prima volta il 18 novembre del 1990, prima messa in onda di Mai dire Gol. Il grande pubblico scopre così le voci e il sarcasmo feroce di Marco Santin, Carlo Taranto e Giorgio Gherarducci, la Gialappa’s band. Il nome è tutto un programma. Si ispira infatti a una pianta latino-americana, scientificamente nota conosciuta come Ipomoea purga, con forte potere lassativo.

La prima puntata è andata in onda dopo Pressing, risposta di Mediaset alla Domenica Sportiva, condotto allora da Marino Bartoletti. L’orario racconta di abitudini televisive allora preistoriche: le 22, inizio della seconda serata.  All’inizio nasce come una raccolta di spezzoni lunga mezz’ora con il peggio della giornata di campionato: gol sbagliati, lisci, dichiarazioni sconclusionate di calciatori, allenatori, dirigenti. La Gialappa’s commenta la successione dei filmati con incursioni di Teo Teocoli in versione “Peo Pericoli”  e l’aiuto del fantomatico Cippa Lippa, di cui si vede solo la mano che compila risultati, classifiche, schedine.

Dal 1992-93, il programma si arricchisce di una versione del lunedì e diventa palestra per conduttori e comici.

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Le maschere di Mai dire gol

Anche le maschere seguono l’andamento del programma, che negli anni sposta in secondo piano lo sport e diventa più un programma di varietà. I primi personaggi hanno più direttamente a che fare con il calcio, come Felice Caccamo, il giornalista napoletano che rimane tra i personaggi meglio riusciti di Teo Teocoli. Antonio Albanese si è mostrato in molte vesti: il siciliano Alex Drastico, il timido Epifanio, Piero il giardiniere di Arcore, Cetto La Qualunque e Frengo, il dj super tifoso del Foggia di Zeman, che in una puntata interviene anche come silenziosa spalla nello sketch.

Aldo, Giovanni e Giacomo, colonna del programma, inventano il trio di sardi tifosi del Cagliari, il bimbo Gigi, poi le mitiche scene del poliziotto Huber alla tv svizzera e le esibizioni dei Bulgari con Marina Massironi.

Tra i personaggi tifosi resta nella memoria anche Alarico Tancredi Amedeo Orpello degli Orpelli, il Conte Uguccione con il volto di Bebo Storti e una venerazione per la Fiorentina di Gabriel Omar Batistuta.

Il programma si evolve, abbraccia i notiziari in forma ridotta “per venire incontro alle vostre capacità mentali” di un brillante Daniele Luttazzi nella veste di Panfilo Maria Lippi, e lo spregiudicato imprenditore Carcarlo Pravettoni di Paolo Hendel che fa impennare la lira.

A Mai dire Gol arrivano poi, tra gli altri, il Mago Oronzo di Raoul Cremona, l’inviato Lello Putignani (alias Maurizio Crozza) e Paola Cortellesi nelle vesti di Sharon, doppiatrice ossessionata dal jungle della bambila Trippy.

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Le rubriche e un nuovo linguaggio

Le rubriche del programma diventano un cult. Ci sono “Amarcord” con gli errori degli inviati di 90° minuti, e l’intramontabile “Vai col liscio” che mostra i calciatori di Serie A mentre mancano il pallone con il sottofondo della musica romagnola tutta fisarmoniche.

Nel linguaggio popolare restano ancora oggi i “fenomeni parastatali”, gli stranieri osannati dai giornali che però si rivelano molto più comuni del previsto, e i “gollonzi”, reti bizzarre, casuali, figlie di rimpalli, tocchi involontari, papere dei portieri.

Celebri anche gli “Ipse dixit”, con gli estratti di risposte incomprensibili di calciatori o allenatori, di cui poi viene esposta la trascrizione integrale. Allenatori, giocatori e dirigenti vengono messi alla berlina anche nelle “Interviste possibili” piene di strafalcioni o errori grammaticali e nelle “Ultime parole famose”, raccolta di previsioni totalmente sbagliate. Senza dimenticare il “Pippero”, premio ironico ai calciatori con la peggiore media voto, e il “Questo lo segnavo anch’io” (o il parallelo “Questo lo paravo anch’io”).

Il programma va in onda come “Mai dire gol” fino al 2001. Nasce poi “Mai dire domenica”, che di fatto ne eredita format e buona parte delle maschere. Ha avuto vari “spin off” come Mai dire Mondiali, dedicato alla Coppa del Mondo di calcio. E gli omaggi di Elio e le Storie Tese, autori di buona parte delle sigle. In una queste, proprio per Mai dire Mondiali ’94, canta in falsetto con tanto di parrucca “stile Bee Gees”: un momento di musica e televisione che racconta al meglio lo spirito di un programma cult.

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