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Calcio

Roy Carroll, dalle vittorie al dramma: “Bevevo per dimenticare”

Roy Carroll racconta della sua vita privata e dei momenti bui che ha vissuto durante la sua carriera da calciatore professionista. Un’intervista sofferta al ‘Daily Mail’. 

Roy Carroll (Getty Images)

Giocare e vincere con la gloriosa maglia del Manchester United a volte non basta per colmare quel vuoto che c’è dentro di sé. Un senso di inadeguatezza che si tramuta in tristezza, in frustrazione, in rabbia perché nessuno può comprendere appieno ciò che ti sta accadendo. Tutto ciò lo ha vissuto Roy Carroll, ex portiere dello United che, in un’intervista al ‘Daily Mail ha detto: “Ero in una stanza buia e bevevo molto. Non avevo nessun aiuto esterno. Nessuno sapeva cosa c’era che non andava perché non ne ho mai parlato. Tutti pensavano che fossi il ragazzo più felice del mondo, ma andavo a casa, chiudevo la porta e sbattevo la testa contro il muro. Dopo bevevo qualche drink per cercare di dimenticare”.

Leggi anche: Van Nistelrooy, l’olandese al veleno contro Ferguson: le scottanti dichiarazioni

Roy Carroll e il dramma della sua vita

Roy Carroll (Getty Images)

Una lotta costante contro l’alcolismo e la depressione. Una battaglia contro un pericoloso nemico iniziata al West Ham nel 2006, quando è stato rinchiuso in casa per un infortunio alla schiena. L’inattività ha generato ansia, depressione e da lì è iniziato tutto. “Non avevo mai avuto un infortunio prolungato prima – ha detto Carroll – e gradualmente stavo entrando in un buco più profondo. Non ero mentalmente preparato per questo. Per me è stato come sbarazzarmi della depressione. Ho bevuto e me ne sono dimenticato. Ma il giorno dopo, le cose sono peggiorate e stavo bevendo di nuovo. Non funzionava. Sono andato in riabilitazione perché altri volevano che lo facessi: mia moglie, il mio agente e i miei amici. Non ho visto succedere niente a me, quello era il mio problema più grande”.

Lontano dal calcio

L’addio all’Odense nel 2011 ha fatto sì che la sua dipendenza dall’alcool peggiorasse di giorno in giorno. Il non esser più utile a nessuno, il non potersi imporre di non bere per lavoro, aveva portato Carroll a bere senza freni. “Avevo molto tempo libero, il mio bere era pazzesco. Se non mi fossi fermato – asserisce l’ex United – non sarei qui oggi. Non credo che il mio corpo avrebbe resistito. Sarei però morto senza bere”. Adesso però tutto è alle spalle e l’ex portiere irlandese ormai da dieci anni non beve più anche se ogni tanto deve lottare contro la depressione che ritorna.

Marco Di Nardo

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