Calcio

La Battaglia d’Inghilterra: ecco come i fan avrebbero ucciso la Superlega

Le squadre inglesi si ritirano in blocco dalla Superlega dopo una clamorosa iniziativsa collettiva di tutti i fan di tutte le squadre inglesi. Pronti a tutto pur di non delegare il calcio al business…

I giocatori del Brighton Hove Albion si riscaldano con una maglietta contro la Superleaga (Getty Images)

Si sono organizzati in meno di 24 ore aprendo canali di collegamento ufficialmente non particolarmente collaudati. Dai social a WhatsApp tutte le tifoserie inglesi, nessuna esclusa, erano pronte a una nuova Battaglia d’Inghilterra.

Fan contro la Superlega

E oggi, mentre sui social e sui giornali inglesi i tifosi di ogni squadra e fazione gridano al trionfo, e la Fottoball Association si complimenta con la fanbase dicendo loro “adesso il calcio è davvero vostro”, si possono apprezzare segnali di una integrità e unità di intenti piuttosto rari al giorno d’oggi.

Tifosi che si detestano cordialmente, e che spesso se le sono date di santa ragione, tutti uniti e tutti insieme al grido di ‘Fans not Customers’. In poche ore al tam tam on line hanno aderito circa mezzo milione di tifosi inglesi: più di quaranta milioni, approssimati per difetto, i messaggi che hanno invaso i social network spammando qualsiasi canale.

L’hashtag #F**K SuperLeague è stato il denominatore comune di una campagna di sensibilizzazione fulminea e a tappeto. Poche ore dopo l’annuncio della Super League i tifosi del Manchester City e del Liverpool avevano già recapitato alla squadra il loro pensiero con numerosi striscioni. Messaggio subito raccolto da Guardiola davanti ai giornalisti ma anche dai giocatori dei Reds con un tweet collettivo: “Non ci piace e non ci stiamo”. Una levata di scudi che ha costretto persino il primo ministro Boris Johnson a prendere l’iniziativa.

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Lo sciopero bianco

Una protesta talmente massiccia, incazzata e univoca che ha immediatamente ottenuto gli effetti sperati. Ma la fanbase inglese era già pronta a passare al Piano B. Uno sciopero bianco da attuare in alcune azioni collettive, pacifiche e concrete.

Dare disdetta di tutti gli abbonamenti sportivi per qualsiasi pay; boicottare qualunque evento calcistico anche dopo la riapertura dei cancelli degli stadi che in Inghilterra è ormai imminente. Non scommettere più, su nessun evento sportivo. Un business immenso per le economie inglesi. E infine la cosa più bella: una park invasion.

In concomitanza con tutte le gare in programma, disertando la tv e gli stadi, investire i soldi risparmiati da quanto i tifosi investono nel calcio, in eventi calcistici amatoriali per ragazzi e dilettanti. Tornei di calcio nei parchi inglesi, ognuno dei quali offre decine di campi disponibili gratuitamente a chiunque voglia giocare, per riportare il calcio alla massa e fuori dal business.

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Proteste non solo a Londra ma anche a Liverpool e Manchester (Getty Images)

Fan, non clienti

Chissà… magari poteva funzionare. Sicuramente sarebbe stato uno spettacolo divertente. Stadi deserti, pubblicità in tv ignorate, audience a zero, investimenti miliardari per la produzione e la distribuzione degli eventi senza alcuno spettatore. Tra i tanti forum che si sono aperti nel corso delle due giornate di crisi internazionale legate alla Superlega uno dei portavoce del movimento della fanbase inglese ha scritto… “Hanno ragione, il pubblico è un business. Ma che succede se il pubblico non c’è più? Che succede se improvvisamente si interessa di altro, o semplicemente se si diverte a vedere giocare i ragazzini al parco senza spendere un penny? Noi non siamo clienti. Senza fan il calcio non esiste. Lasciamogli gli stadi vuoti e le tv spente… e vediamo”.

Stefano Benzi

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Stefano Benzi

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