Calcio

Champions League, nuovo fair play finanziario: cosa cambia con il salary cap

La UEFA ha approvato un nuovo fair play finanziario per la Champions League e le coppe europee, caratterizzato dal salary cap

La UEFA ha ufficializzato il cambiamento del fair play finanziario. Il comitato esecutivo riunito a Nyon ha approvato il nuovo regolamento per le licenze dei club, che entrerà in vigore nel 2023. Si tratta, di fatto, della maggiore riforma del sistema dall’introduzione del fair play finanziario nel 2010.

Champions League, il nuovo fair play finanziario: cosa cambia con il salary cap (Champions League)

La più grande innovazione, ha sintetizzato il presidente della UEFA Alexander Ceferin, è contenuta nella norma che “regolarizza i costi di gestione della squadra, in modo da generare un migliore controllo delle spese per i salari dei giocatori e i costi dei trasferimenti”.

Dunque, la UEFA ha introdotto una forma di salary cap, un tetto alle spese per stipendi, trasferimenti e commissioni agli agenti. Quando la norma sarà entrata a pieno regime, ovvero dalla stagione 2025-26, tale soglia dovrà essere del 70% dei ricavi stagionali della società. Per le prime due stagioni del nuovo regolamento, ci sarà una tolleranza maggiore: 90% per il 2023-24, 80% per il 2024-25.

Il salary cap e i possibili effetti in Champions League

Il salary cap e i possibili effetti in Champions League (Lapresse)

L’imposizione di un limite alle spese complessive per gli ingaggi è ormai una norma nel mercato americano del basket e del football. Il tetto può essere individuale, ovvero applicato ad ogni singolo contratto stipulato in base a una serie di parametri, o collettivo, come ha scelto di fare la UEFA, imposto sul monte-salari complessivo d’ogni singola società.

Questo sistema di tetti alle spese, introdotti nelle ultime stagioni anche in Formula 1, risulta molto complesso e macchinoso. E non ha sempre avuto un effetto positivo sul competitive balance degli sport professionistici in cui viene applicato.

Anche perché, in un sistema come il calcio moderno in cui la spesa dei club per gli ingaggi e le commissioni degli agenti è così elevata, non è facile rendere effettive normative restrittive finalizzate al contenimento del costo delle rose.

Gli effetti potrebbero dunque non essere diversi da quelli del primo fair play finanziario, che ha consentito un miglioramento complessivo dei conti del calcio europeo ma non ha affatto aumentato l’equilibrio competitivo nelle coppe europee. Non è un caso se un gruppo di società tra le più ricche del continente abbia organizzato il progetto alternativo della SuperLega.

Per aumentare l’equilibrio competitivo, risulterebbe più efficace distribuire interamente i premi UEFA in relazione alle prestazioni e ai risultati nella stagione di riferimento. E dunque eliminare del tutto eliminando del tutto la considerazione di fattori esterni (i successi passati nelle competizioni UEFA) o extra-sportivi (la forza del mercato televisivo nazionale) in base ai quali oggi si distribuisce una parte ancora consistente delle risorse della Champions League.

Alessandro Mastroluca

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