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Euro Femminile, l’Italia è già fuori: cosa manca alla squadra azzurra

Come cinque anni fa, subito dopo la fase a gironi, l’Italia esce eliminata dalla fase a gironi dell’Euro di calcio femminile e si interroga sulla reale consistenza del suo movimento

Sicuramente un’Italia meno brillante di quella che si è vista per esempio nell’amichevole con la Spagna, o nelle partite di qualificazione del Mondiale e di questo stesso Europeo.

Martina Rosucci in allenamento (AP LaPresse)

Ma quella che ha pareggiato con l’Islanda, giocando un ottimo secondo tempo, e perso contro il  Belgio, era una squadra che avrebbe meritato di più. Disattenta, a tratti fragile in difesa. Ma certo non molto fortunata.

L’Italia paga qualcosa di più rispetto a quelle che sono le proprie responsabilità sul campo, che non sono state poche considerando i gol presi in modo evitabile in ognuna delle tre gare del gruppo.

Ma alle spalle della sconfitta e della eliminazione delle Azzurre c’è anche qualcosa di più. E cioè la sensazione di un gap che resta molto evidente nei confronti di altri paesi e di altre nazionali.

L’Italia del calcio femminile

Il calcio femminile in Italia è stato sempre visto come un parente povero, anche un po’ rompiscatole, cui dedicare la minima attenzione necessaria giusto per erogare aiuti che la FIFA e la UEFA pretendono. Ma non è di molto tempo fa la frase infelicissima di un alto dirigente della Federcalcio, poi rimosso, che si chiedeva “perché spendere soldi per il calcio femminile”, riducendo un movimento che interessa decine di migliaia di donne a un fenomeno che non aveva nulla di sportivo.

Nel frattempo, mentre in altri paesi (gli USA) le donne del calcio fanno guadagnare la federazione più degli uomini e pretendono stipendi parificati, qui da noi ancora ci si interroga se le calciatrici siano delle professioniste o meno. Ed eventualmente che diritti abbiano.

É un dato di fatto che in alcuni paesi sono molto, molto più avanti di noi. E che per quanto in Italia si siano fatti progressi evidenti questo ancora non basta. Ci sono dirigenti in gamba in Italia che si occupano di calcio femminile, e che stanno facendo tantissimo. Spesso controcorrente, in un ambiente scettico per non dire ostile. E le riforme che ostinatamente hanno trasformato il campionato italiano obbligando i club a investire anche sulle leve femminili pagheranno.

Un gap da colmare

Barbara Bonansea, una delle portavoce della squadra azzurra (Nazionale Femminile Calcio)

Ma siamo in ritardo e continueremo a esserlo. Il movimento del calcio femminile è ancora troppo debole, poco numeroso, sempre al traino di quello che fa il calcio degli uomini. Dunque, più di questo non si può pretendere. E non si può nemmeno gettare la croce addosso a una Nazionale che è l’espressione di quello che il nostro paese rappresenta. Nel bene e nel male.

Italia eliminata dall’Europeo ma a un passo dalla qualificazione al Mondiale, in programma l’anno prossimo in Australia e Nuova Zelanda.

Si torna in campo il 2 settembre in Moldova e il 6 settembre a Ferrara con la Romania. Con due vittorie l’Italia sarà qualificata, e sicuramente di nuovo sotto esame. Se nel frattempo anche la dirigenza del calcio italiano (non quella che si dedica esclusivamente al femminile) si farà trovare preparata abbiamo un altro anno di tempo per provare a strappare una sufficienza.

Stefano Benzi

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Stefano Benzi

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