Cristiano Ronaldo, Neymar e quel “Tanti auguri a me” che li racconta

Cristiano Ronaldo, Neymar e quel "Tanti auguri a me" che li racconta
Cristiano Ronaldo, Neymar e quel “Tanti auguri a me” che li racconta

Hanno usato la stessa frase, su Instagram. Cristiano Ronaldo e Neymar, uniti dal compleanno, sono divisi in tutto il resto. E quelle quattro parole segnano la differenza di senso, di approccio e prospettiva di fronte all’identico momento dei bilanci. “Tanti auguri a me” scrivono entrambi. Cristiano Ronaldo, però, accompagna il messaggio con il video di una sessione di allenamento. Il suo regime di ricerca della perfezione atletica non conosce pause o eccezioni. Neymar sceglie una posa ben diversa. Di spalle, fotografato a torso nudo con indosso solo un paio di occhiali da sole e un panama, mostra i tatuaggi che gli adornano la schiena. Su tutti la scritta “Blessed”, “Benedetto”.

 

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Happy birthday to me!!😅💪🏽🤪

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Neymar solo e incompiuto

Ma di benedetto, ngli ultimi mesi del brasiliano malinconico, solitario e finale, c’è ben poco. Nel 5-0 al Montpellier, mentre Mbappé litigava con Tuchel che lo sostituisce a suo dire troppe volte, Neymar trovava il modo di prendersela con arbitro e guardalinee che gli avrebbe detto secondo alcuni di essere paziente, secondo altri di parlare in francese: l’audio non chiarisce.

Si è comunque concesso una festa in una discoteca di Parigi, il Pavillon Gabriel. C’erano anche Buffon, Verratti, Dani Alves, Mbappé e Cavani. Marilia Mendonça, la regina del sertanejo, una sorta di controparte brasiliana della musica country anche più diffusa della samba, è comparsa a sorpresa per augurargli buon compleanno. Proprio come Marilyn Monroe al suo JFK. Neymar, però, non è diventato presidente, né tanto meno re, in una Parigi che forse gli ha chiesto quel che non poteva dargli e in due anni ha smesso di amarlo.

I 220 milioni riconosciuti al Barcellona sono diventati il suo marchio e insieme la sua condanna. Quella cifra, spiegava invano prima dei mondiali di Russia, non dicono niente di quanto vale davvero un giocatore. Ma raccontano, come ha scritto Claudio Pellecchia su Rivista Undici, le aspettative, le distorcono, in un gioco di specchi da luna park. La sua sovradimensionalità tecnica, scrive Pellecchia, per i tifosi del PSG non sembra “sia stata sufficiente a realizzare ciò che ci si aspettava Neymar realizzasse con la sua sola presenza, in campo e fuori”.

A 28 anni, Neymar è finito prigioniero del suo stesso personaggio, vittima degli effetti dei brutti gesti e delle simulazioni, superato da Neymar nella vendita delle magliette del PSG. Abbandonato dai tifosi, dai giornali, apertamente considerato “un grande bluff” dall’Equipe sulla copertina dello scorso 3 luglio, criticato da Tuchel a cui la sua festa di compleanno non è andata giù, Neymar è rimasto vittima della sua incompletezza strapagata. I 220 milioni del PSG avrebbero dovuto rappresentare la sua fuga da Barcellona e dall’ombra di Messi, l’autostrada dorata verso un ruolo da leader e un’affermazione matura, totale. Oggi, invece, il brasiliano sembra orientato a tornare in quella stessa ombra, che abbassa le ambizioni e alleggerisce dalle responsabilità. Lasciando ricordi e rimpianti in parti uguali.

Cristiano Ronaldo icona e uomo squadra

Cristiano Ronaldo, invece, a 35 anni riesce ad essere ancora un’icona in ascesa nel suo inesausto percorso verso un’ideale di perfezione. L’infinito tendere come motivazione del suo agire non si risolve solo in un’egoistica spinta al miglioramento. CR7 indica una strada, guida i compagni, promette regali speciali.

Nella sua comunicazione c’è il campione, l’uomo squadra, ma anche l’uomo e basta che a luci spente si dedica ad attività benefiche senza farne un vanto o darne spettacolo per fotografi, giornalisti e copertine.

Il portoghese, l’uomo da 50 gol in 70 partite in Serie A, promette un’ascesa che solletica i sogni dei tifosi della Juve. Sogni con le grandi orecchie, come la Champions League che continua a sfuggire da quasi un quarto di secolo. CR7 guarda all’Europeo, all’ambizione di confermare il titolo di quattro anni fa e di raggiungere i 100 gol in nazionale. E magari al record di Pelé, ai suoi 767 gol accreditati: gliene mancano, in fondo, “solo” 47. “Auguri a me” si dice. Anche questa è una motivazione, la rappresentazione del motto olimpico applicato al calcio, per andare più forte, più in alto, più veloce.

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