La Serie A è tornata in campo senza spettatori ma con un ospite imperante e invisibile, il Coronavirus e l’emergenza che si porta dietro. Si è rischiato di non giocare e, chissà, forse nei prossimi giorni verrà stabilito che, per qualche settimana, ci si fermerà di nuovo se non definitivamente.
In attesa di decisione ufficiali con l’AIC di Tommasi sempre più propensa a interrompere le ostilità, le partite fin qui disputate, in una surreale domenica 8 marzo, hanno dimostrato e non c’era bisogno di ulteriori conferme quanto in campo il rispetto delle rigide norme anti contagio per il coronavirus non possano essere rispettate.
Dopo aver vietato il rituale delle strette di mano prima dell’inizio del match, i calciatori di Genoa, Milan, Verona, Sampdoria e Spal in campo, si sono abbracciati e hanno festeggiato per un gol e una vittoria come sempre ignorando (ovviamente ci può stare considerata la trance agonistica) disposizioni oramai canoniche come la distanza di sicurezza a un metro e altre raccomandazioni sui contatti ravvicinati.
Grandi festeggiamenti anche a fine partita come nel caso del Genoa con un assembramento di gruppo in cui abbracci, pacche sulle spalle e “batti il cinque” non sono mancati. Un’esultanza giustificatissima quella dei calciatori rossoblu, protagonisti di una meritata vittoria a San Siro contro un Milan in affanno ma, di fatto, paradossale in una domenica a suo modo storica per il calcio italiano il quale, fin quando il Coronavirus imperverserà, non può tornare a essere quello di prima.
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