Zlatan Ibrahimovic ha indicato la sua formazione ideale. La riprendiamo dal suo libro “Io sono il calcio”. Ovviamente, si schiera nel tridente d’attacco.
Zlatan Ibrahimovic ha spesso stupito quando gli hanno chiesto di disegnare la sua formazione ideale. Una volta l’ha anche composta con undici Ibrahimovic in campo. L’egocentrismo non gli è mai mancato, e certo il titolo della sua autobiografia del 2018, “Io sono il calcio”, lo dimostra. Ed è proprio da questo libro di un paio di anni fa che estraiamo la sua top 11, poi pubblicata anche sui social. Lo svedese ha indicato undici titolari e cinque panchinari con tante conoscenze della Serie A.
In difesa, nel suo 4-3-3 vistosamente offensivo, molta Juve. In porta Gigi Buffon, l’ultimo avversario da superare nel suo primo allenamento con i bianconeri di Fabio Capello: superare tutti i difensori e poi battere uno dei migliori portieri di tutti i tempi. Missione non per tutti.
A destra Lilian Thuram, che era “duro come il marmo” dice Ibra. Dopo gli allenamenti, “tornavo a casa pieno di lividi. Mi diceva: Ibra, sei giovane e stupido, ma imparerai“. In quel ruolo giocò la semifinale mondiale del 1998 contro la Croazia: la sua doppietta resta uno degli eventi meno spiegabili nella Coppa del Mondo di ogni epoca.
Al centro Thiago Silva, “un Ibrahimovic in difesa” scrive. Lo svedese è il centrale più completo che lo svedese abbia mai visto, e ha avuto modo di vederlo da vicino al Milan e al PSG. Il brasiliano è affiancato dal suo maestro, Alessandro Nesta, completo mentalmente e tecnicamente, con una mentalità vincente invidiabile. A sinistra, un amico come Maxwell. “E’ il più elegante con cui abbia mai giocato” scrive Ibrahimovic.
Notevole il trio di centrocampo con Vieira, Xavi e Nedved. Il francese, ha ammesso lo svedese, “mi ha reso un calciatore migliore” perché lavorava tantissimo e alzava il livello di tutti per qualità e personalità. Lo spagnolo, dice, al Barcellona “lo chiamavano Mister Perfect, non sbagliava mai“. E la palla la voleva sempre, guai a lanciare lungo. Di Nedved esalta l’etica del lavoro. “E’ esemplare in allenamento, mai visto un professionista più serio”.
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Nel tridente, Ibrahimovic si schiera con Messi, “un giocatore della Playstation prestato al mondo reale” scrive lo svedese, convinto che le cose fra loro due siano andate bene finché Guardiola non decise di metterci il naso.
La squadra la completa Ronaldinho, “un genio: con lui ti gustavi il gioco del calcio”. Di fronte al brasiliano, scrive, anche gli avversari si fermavano ad applaudire.
Solo in panchina Julio Cesar, Iniesta, Cannavaro, Seedorf e Gennaro Gattuso, uno “in grado di spingere gli altri a dare il 200 per cento”.
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