Bergomi e il mancato ritorno all’Inter: il retroscena sulle telecronache a Sky

Beppe Bergomi racconta i ripetuti no a un suo possibile ritorno all’Inter, la sua opinione su Calciopoli e sulla situazione attuale di Eriksen

“Mi sono messo il cuore in pace. Non potrò tornare all’Inter”. Beppe Bergomi ha rivelato a Radio Nerazzurra di essere rassegnato all’impossibilità di rientrare nel club di cui è stato bandiera da calciatore. Ci ha provato molto Giacinto Facchetti, ha spiegato, e da ultimo Sabatini. Ma non c’è nulla da fare. “C‘erano incomprensioni del passato, che nascono sempre dalle telecronache” ha detto Bergomi.

Oggi “lo Zio” è la voce di punta tra gli opinionisti, i commentatori tecnici, di Sky. “Lavoro per una tv che vive di abbonamenti. Loro fanno ricerche di mercato, quando tu firmi un contratto devi andare con le tue conoscenze essendo più imparziale possibile” ha detto Bergomi, che ha accompagnato l’anno scorso le grandi imprese dell’Atalanta in Champions League. “Se parlo di Inter e Juventus subentrano dei problemi, ma questo lo sa anche l’azienda. Poi quello che ho nel cuore lo so io”.

A proposito di Inter e Juve, è tornato anche sullo scandalo di Calciopoli. Un tema su cui non è tornato, però, in televisione, nemmeno con gli ex giocatori della Juventus con cui ha avuto modo di lavorare o che ha potuto incrociare in questi anni a Sky.

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Bergomi spiega: “Eriksen fa fatica in Italia”

Bergomi spiega: "Eriksen fa fatica in Italia" (Getty Images)
Bergomi spiega: “Eriksen fa fatica in Italia” (Getty Images)

“Non ho vissuto direttamente Calciopoli da calciatore – ha detto –, ma nel ’98 sentivi che qualcosa non quadrava nel sistema. In quell’anno la Juventus era talmente forte che poteva vincere anche in maniera diversa”. Resta sottesa l’amarezza per il famoso contatto Iuliano-Ronaldo che non portò al rigore nello scontro diretto decisivo per lo scudetto che la Juve vinse con gol di Del Piero.

Inevitabilmente il discorso si sposta sull’Inter di oggi e sul rebus Eriksen. Il modulo, dice, condiziona il danese. Lo definisce un “sotto leader” che ha bisogno di sentirsi coinvolto sennò fa fatica. Però onestamente dal Tottenham avrei preso Son o Kane, non Eriksen. Io vedo che fa fatica a incastrarsi in questo sistema di gioco e nella nostra cultura calcistica”.

Al tecnico, rimprovera la rigidità. Ne comprende l’obiettivo, cambiare i meccanismi a partita in corsa non è facile. Ma in alcune situazioni, conclude, si potrebbe pensare a dei piccoli spostamenti”.

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