Javier Pastore, addio alla Roma più vicino: cosa non ha funzionato in giallorosso
La partecipazione non autorizzata a una festa del PSG potrebbe segnare l’addio di Javier Pastore alla Roma e determinare la fine di un amore mai iniziato
Il rapporto fra Javier Pastore e la Roma può finire per una festa. Quella del PSG, di cui ha comunque segnato la storia. Il Flaco è stato infatti il primo grande colpo della presidenza qatariota, degli sceicchi della famiglia Al Thani. Ed era lì, ad assistere alla presentazione della nuova squadra di Messi invece di prendere parte a quella che formalmente sarebbe ancora la sua.
L’immagine di Pastore a Parigi e non a Roma, peraltro senza l’autorizzazione del club, dà il segno di una distanza ormai insanabile. In tre anni, dal suo arrivo nel 2018, ha giocato 37 partite e segnato quattro gol.
Come Nzonzi, Fazio, Santon, Olsen, il Flaco è fuori dal progetto giallorosso. Il nuovo general manager Tiago Pinto sta lavorando per trovare un accordo, per arrivare alla rescissione del suo pesante contratto da otto milioni a stagione, stipulato dopo la semifinale di Champions League del 2018, il punto più alto della gestione Di Francesco.
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Proprio quell’estate la Roma lo acquista per 24,7 milioni. Torna in Italia dopo sette anni, dopo l’esperienza al Palermo in cui ha incontrato la donna della sua vita, la sua attuale moglie Chiara.
L’inizio è da favola, due gol di tacco contro Atalanta e Frosinone. Ma di fatto quell’inizio si rivela anche la fine. L’infatuazione dei tifosi per il Flaco svanisce, infortunio dopo infortunio. Scivola dentro un equivoco tattico, perché né Di Francesco né Fonseca, che pure tenta di recuperarlo, individuano la posizione per farlo rendere al meglio.
E’ leggero, il Flaco, riservato, tatticamente un po’ sfuggente. E’ un trequartista, al massimo una seconda punta. Ma nelle varie configurazioni tattiche della Roma in questi tre anni, non è mai riuscito a rivelarsi utile per la squadra. E dunque il problema non può essere solo il modulo.
Forse, la mancanza di feeling ha a che fare col suo primo grande amore calcistico, Juan Roman Riquelme, veloce di pensiero e capace di giocare a un ritmo solo suo, tutto suo. O forse con il ritratto dell’allenatore che l’ha fatto esplodere al Velez Sarsfield, Ricardo Gareca, che l’ha definito “sfacciato e coraggioso”.
Doti rimaste come un ricordo da contemplare dentro una Grande Bellezza annebbiata dal tempo e dalla perdita di leggerezza.
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