“Siamo una squadra impaurita, i fischi dei tifosi sono giusti”, si dice che la paura fa novanta ma per Gattuso ormai fa 95′. Chiedere a Brignoli, che in quel minuto di due anni fa gli rovinò l’esordio sulla panchina del Milan. Prima esperienza in una squadra della massima serie contraddistinta dal gol del portiere beneventano che entrò nella storia del club casalingo riuscito – all’epoca – a strappare in extremis un 2-2 dal sapore dolce-amaro. Amaro per Gennaro Gattuso, dolce per gli spettatori presenti al Vigorito.
Due anni dopo cambiano gli interpreti, ma la storia si ripete. Anzi si evolve, in peggio. A guastare – stavolta con una sconfitta – l’esordio partenopeo di “Ringhio” ci pensa il Parma di un ivoriano italianizzato: Gervinho, meglio conosciuto come “La freccia nera”, soprannome che porta dai tempi di Roma viste le sue doti atletiche. Anche, forse soprattutto, per il fatto che ogni suo colpo è una sentenza. Contro il Napoli, infatti, è stato proprio un suo gol nell’extra-time a cancellare le speranze di Rino Gattuso che dovrà nuovamente rimboccarsi le maniche per trascinare via la propria squadra dal pantano.
Lui, in barba alla negatività e alle analogie, precisa: “Questa è una situazione diversa, il Milan quando l’ho preso io era già in crisi da quattro cinque anni. Il Napoli, invece, negli ultimi anni ha sempre lottato per obiettivi di alta classifica e non si è mai trovato in questa condizione”. Parole che provano a giustificare i fatti impietosi che vedono un uomo carismatico e determinato vittima dei suoi tabù: i numeri, stavolta, comincerà a darli sul serio visto che siamo vicini al Natale e la tombola, quella a cui devono giocare i partenopei, come premio ha il raggiungimento della Champions League. Non si può certo dire “Chi ben comincia è a metà dell’opera”, nel caso di Gattuso sarebbe meglio affermare: “Soltanto chi cade può risorgere”.
L’ex Milan è caduto due volte, al debutto, nello stesso modo. Poi, però, guardando al passato ha portato i rossoneri a fare una cavalcata incredibile – con risorse tutt’altro che di prima scelta e un cambio di proprietà sul groppone – ad un punto dall’Europa che conta. Se proprio bisogna scomodare le analogie, tanto vale farlo sino alla fine e quell’epilogo (non troppo lontano nella sua memoria) potrebbe essere ancora migliore poiché, come ha ribadito, è una questione di testa: “Non credo alla sfortuna”, ha affermato nel post gara. Anche perchè, spesso, i migliori inizi capitano dopo i peggiori finali.
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