Roma, Dybala insegue Batistuta: i 5 grandi argentini nella storia giallorossa

Paulo Dybala è il trentottesimo argentino nella storia della Roma. Vediamo i cinque che hanno segnato la storia del club

L’arrivo alla Roma di Paulo Dybala, maturato anche grazie all’opera di persuasione diretta da parte di José Mourinho, connette i giallorossi con una parte decisiva della storia del club. Con la Joya, sono infatti 38 gli argentini che hanno indossato almeno una volta la maglia della Roma.

Roma, Dybala sulla scia di Batistuta: i cinque grandi argentini nella storia giallorossa
Roma, Dybala sulla scia di Batistuta: i cinque grandi argentini nella storia giallorossa (Lapresse)

Fu proprio un argentino, infatti, il primo straniero di sempre dei giallorossi. Si chiamava Arturo Chini Ludueña, era l’erede di una delle famiglie più ricche di Rosario anche se quando è nato buona parte del patrimonio era già sfumato. A Roma ha giocato dal 1927 al 1934, nei primi anni della storia giallorossa spiccava come una delle ali più forti del campionato. C’era anche lui nella formazione titolare della Roma nel 5-0 alla Juventus del 15 marzo 1931 al Campo Testaccio che diede origine anche a un film.

L’entusiasmo per Dybala ha indubbiamente più a che fare con il presente e il futuro della squadra. Ha a che fare con quelle prospettive che nascono dall’interessamento di Francesco Totti che ha lasciato intendere di vederlo bene con la maglia numero 10. Sogni d’estate che nascono dalle sue prime parole che filtrano dal Portogallo. “Sono molto felice, del 10 parleremo: è una sorpresa” ha detto.

Roma, i cinque grandi argentini prima di Dybala

Dybala arriva alla Roma con un capitale di eleganza da far fruttare e un’abitudine alla vittoria almeno a livello nazionale che può aiutare i giallorossi a progredire ancora dopo il trionfo in Conference League.

Manfredini il goleador principe

La speranza dei tifosi è che possa proseguire nel segno dei grandi argentini che hanno attraversato la storia della Roma. Giocatori amatissimi come Pedro “Piedone” Manfredini, l’argentino che in giallorosso ha segnato di più:  104 gol, di cui 77 in campionato, in 164 presenze.

Se si sommano doppiette (18), triplette (9) e quaterne (2), Manfredini vanta 29 partite ufficiali con due o più gol messi a segno: secondo solo a Francesco Totti.

Abel Balbo il più presente

Abel Balbo tra gli argentini nella storia della Roma
Abel Balbo tra gli argentini nella storia della Roma (ANSA)

Nessuno fra i 37 argentini che hanno attraversato la storia della Roma prima di Dybala hanno giocato più partite di Abel Balbo: 182 in due finestre, dal 1993 al 1998 e dal 2000 al 2002, in cui ha segnato 87 gol. Si è fatto riconoscere subito per l’ambiziosa e sgargiante camicia con cui si è presentato alla firma del contratto. Era il primo grande acquisto di Franco Sensi, da un anno presidente della Roma che investì 18 miliardi di lire di allora per strapparlo all’Udinese.

Balbo ha fatto innamorare la Curva Sud da subito, segnò il suo primo gol all’Olimpico, sotto i tifosi giallorossi, contro la Juventus. Far meglio a un primo appuntamento è quasi impossibile. “La Roma è stata la mia seconda casa” ha detto Balbo che, seppur da comprimario, ha festeggiato lo scudetto del 2001.

Samuel, il “Muro” della Roma

Walter Samuel tra gli argentini che hanno fatto la storia della Roma
Walter Samuel tra gli argentini che hanno fatto la storia della Roma (ANSA)

Ha avuto un peso ben diverso in quello scudetto, invece, Walter Samuel. Perno della difesa, “The Wall” si faceva sentire in campo ma fuori era un timido. Più ansioso di fronte ai giornalisti che ai migliori centravanti dell’epoca, è uno dei migliori difensori visti a Roma negli anni Duemila.

L’ha voluto più di tutti Franco Baldini, allora dirigente di riferimento per il mercato giallorosso, che ha firmato l’accordo nella primavera del 1999. Ha concesso a Samuel di giocare ancora un anno con la sua precedente squadra, il Boca Juniors. Ha aggiunto così alla sua bacheca una Copa Libertadores, la Champions League del Sudamerica, prima di trasferirsi in Italia.

Implacabile eppure elegante, comandava la difesa con uno stile che a molti ricordava un’icona del calcio argentino degli anni Ottanta, Daniel Passarella. A Roma ha trovato una guida che gli ha facilitato l’inserimento in squadra nel brasiliano Aldair, che per tecnica individuale non ha eguali tra i difensori nella storia recente dei giallorossi.

Eppure, quando dopo lo scudetto gli hanno chiesto se per vincere è meglio avere in squadra un Samuel o un Batistuta, “The Wall” ha risposto senza alcun dubbio: “Meglio Batistuta, perché segna”. Dal Batistuta della difesa un omaggio all’ultima grande versione di Bati-gol, ammirata a Roma nell’anno dell’ultimo scudetto giallorosso.

Batistuta, il capocannoniere dello scudetto

Gabriel Batistuta
Batistuta, il capocannoniere dello scudetto (ANSA)

Bati-gol, idolo della Fiorentina per quasi tutti gli anni Novanta, ha aperto il terzo millennio della Roma. Quando l’hanno presentato in un caldissimo 6 giugno del 2000 davanti alla Curva Sud la temperatura dello stadio ha toccato livelli di guardia. Per fortuna senza le conseguenze climatiche sperimentate in queste settimane di caldo record.

Anche Batistuta, come oggi Dybala, è arrivato in una Roma che non avrebbe disputato la Champions League. “Sono convinto che vincere lo scudetto sia ancora meglio” ha detto allora il Re Leone. Una frase che è bastata per farsi amare. “E’ la pedina che mancava nella nostra squadra” spiegava il presidente Sensi.

Poco meno di 12 mesi dopo, Batistuta segna al Parma il più importante dei 20 gol che hanno scandito la sua prima stagione in giallorosso. Uno dei tre centri che daranno alla Roma la certezza matematica dello scudetto. Bastano quei 20 gol, compresa una mezza girata da fuori da ex contro la Fiorentina per cui gioisce e piange insieme, a farlo entrare nella Hall of Fame dei giallorossi.

Angelillo, l’angelo dalla faccia sporca

La storia degli argentini alla Roma è piena di figure capaci a loro modo di interpretare un’epoca. Dai difensori Leandro Cufré e Nicolas Burdisso, che avrebbe potuto tornare da dirigente, dal regista Fernando Gago a Federico Fazio, i difensori sono tra i più presenti. La storia annovera anche giocatori che hanno giocato meno ma si sono poi lanciati verso una carriera di successo come Leandro Paredes, talenti illuminanti come Erik Lamela e assolute meteore come il biondissimo Gustavo Bartelt.

Una delle storie più curiose rimane però quella di Valentin Angelillo, uno dei tre “angeli dalla faccia sporca” (con Sivori e Maschio, arrivati tutti insieme in Italia nel 1957). Capace di segnare 33 gol con l’Inter nel 1958-59, record imbattuto nella Serie A a 18 squadre, è arrivato nella Roma della Dolce vita per colpa della sua dolce vita.

A Milano non piaceva la sua relazione con Attilia Tironi, una ballerina bresciana divorziata che si esibiva al night “Porta d’Oro” con l’esotico nome d’arte di Ilya Lopez. Il 15 gennaio 1961, durante una sfida fra l’Inter e la Roma, l’amico “Piedone” Manfredini gli fa capire che potrebbe passare in giallorosso. Anacleto Gianni, il presidente che sogna il grande colpo, completa la trattativa per 230 milioni.

Da mezzala arretrata, nato però centravanti, Angelillo rinasce. Il suo calcio è già danza, è un’allegria del tango come è più della rumba per Paolo Conte. In quattro stagioni a Roma, ha giocato 138 partite in competizioni ufficiali e segnato 31 gol. Ha vinto una Coppa delle Fiere e la prima Coppa Italia nella storia giallorossa. Non ha vinto lo scudetto, ma è entrato nel cuore di tutti.