Roma, dal Gornik al Manchester United: le semifinali europee dei giallorossi

Manchester United-Roma è la quinta semifinale per i giallorossi nelle competizioni UEFA. I precedenti, dalla monetina contro il Gornik a oggi

Manchester United Roma, la quinta semifinale dei giallorossi: i precedenti
Manchester United Roma, la quinta semifinale dei giallorossi: i precedenti

Notti d’orgoglio e di fortune raccontate, quelle della Roma nelle semifinali europee. La doppia sfida al Manchester United, per l’ultima italiana rimasta nelle competizioni UEFA in questa stagione, non fa certo eccezione. E non solo per il doloroso ricordo di un 7-1 incassato all’Old Trafford. A tre anni dall’illusione di una rivincita contro il Liverpool in Champions League, dopo la rimonta epica contro il Barcellona, la Roma è di nuovo a un turno dalla finale.

Il palmares internazionale della Roma contiene la Coppa delle Fiere del 1961, vinta in finale sul Birmingham dopo la semifinale in tre partite contro gli scozzesi dell’Hibernian. Ma la competizione non rientra sotto l’egida della UEFA.

Anche la prima semifinale della Roma in una competizione UEFA ha richiesto tre partite: 330 minuti di battaglia contro i polacchi del Gornik Zabrze in Coppa delle Coppe 1969-70.

A Roma finisce 1-1, a Katowice 2-2 dopo i supplementari. La squadra, allenata allora dal “Mago” Helenio Herrera manca la qualificazione alla finale di Vienna per 25 secondi. Si gioca la bella a Strasburgo. Anche questa terza partita va ai supplementari e si chiude senza un vincitore: 1-1. La UEFA ha iniziato a sperimentare la regola per cui, a parità di reti complessive, passa la squadra che ne ha realizzate di più in trasferta.

Ma ancora non vale per i gol messi a segno nei supplementari. La questione confonde anche il telecronista RAI Nando Martellini che annuncia la qualificazione della Roma alla finale. In realtà non è vero. Si va al sorteggio, si tira la monetina.

La fortuna, che aveva premiato i giallorossi al secondo turno contro il PSV Eindhoven, non assiste la Roma una seconda volta. “Solo la sorte li ha piegati” titola il giorno dopo il Corriere dello Sport.

Prima di Manchester United-Roma e della sfida contro il Liverpool, nelle semifinali europee i giallorossi avevano già incontrato una formazione britannica. Chi quel giorno era all’Olimpico, e chi la partita l’ha solo rivista sul web, non può certo dimenticare la rimonta contro gli scozzesi del Dundee United nella Coppa dei Campioni 1983-84.

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Verso Manchester United-Roma: la rimonta contro il Dundee

 

Nel 1984 la Roma, uscita dalla prigionia dal sogno dello scudetto l’anno prima, coltiva una grande illusione: giocare la finale di Coppa Campioni in casa, all’Olimpico. Ma la missione si complica dopo l’andata della semifinale, persa 2-0 in casa degli scozzesi del Dundee: traversa di Graziani, poi gol di Dodds e del terzino Stark.

Al ritorno, l’Olimpico si scuote dopo il colpo di testa di Pruzzo su cross di Conti. Falcao, rientrato da un infortunio, non è al meglio. Ma se il fisico mostra la corda, la testa compensa. Cerezo è una spalla ideale per il brasiliano che illumina la scena.

Al resto pensa Pruzzo, O’Rey di Crocefieschi, che segna il 2-0 in mezza girata. Poi, a inizio ripresa, su una verticalizzazione proprio di Cerezo, si procura il rigore del 3-0. Lo calcia il capitano, Agostino Di Bartolomei. Il resto è storia.

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Le ultime: Brondby e Liverpool

Roma-Liverpool, semifinale di Champions League 2017-18
Roma-Liverpool, semifinale di Champions League 2017-18

Nelle semifinali della Roma c’è spesso uno svantaggio da rimontare, un destino da sfidare. Succede anche nella Coppa UEFA del 1990-91 contro i danesi del Brondby. Dopo lo 0-0 dell’andata in Danimarca, al ritorno è ancora tutto in discussione. Al 32′ Rizzitelli beffa la futura stella Peter Schmeichel. Ma un autogol di Nela gela i tifosi: 1-1, danesi virtualmente in finale. E lo restano fino al 91′.

La confusione generosa prende il posto della linearità, le speranze si assottigliano col passare dei minuti. L’ultimo tentativo di stupire lo porta Desideri, che va al tiro ma Schmeichel respinge.

In area però c’è il baffuto centravanti Rudi Voeller, che sarà il capocannoniere di quell’edizione della coppa. Non è al meglio, sta giocando praticamente su una gamba sola. Aveva un accordo con il tecnico Ottavio Bianchi, sarebbe dovuto uscire dopo un’ora. Ma l’autorete ha cambiato i piani. Il destino ha in mente un altro finale. Il tedesco si materializza in area, firma il decimo (e ultimo) gol della sua campagna europea, e manda la Roma in finale. Nella doppia sfida per il titolo, però, vincerà l’Inter.

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L’ultima semifinale è un romanzo appassionante di orgoglio e d’ambizione. Il 3-0 all’Olimpico nei quarti contro il Barcellona proietta la Roma ancora contro il Liverpool. L’andata, ad Anfield, è un incubo lungo ottanta minuti.

I Reds vanno a mille all’ora, Salah offre uno spettacolo di bellezza e velocità: segna una doppietta e offre due assist. All’elenco dei marcatori si aggiungono Mané e Firmino, due gol anche per lui. Ma Dzeko e Perotti tengono in piedi la Roma.

Al ritorno, nella semifinale di Champions con più gol segnati di sempre nel computo complessivo della doppia sfida, la Roma si ferma a centimetri dai tempi supplementari. Vince 4-2, e chissà che sarebbe successo se El Shaarawy non avesse colpito il palo o se il fallo di mano di Alexander-Arnold in area fosse stato giudicato da rigore.

E’ un ricordo, un rimpianto, steso come una malinconia dolce su una partita che ha lasciato intravedere anche un futuro possibile rimasto come un fiore non colto.

L’immagine è tutta nel quarto d’ora finale del diciottenne Antonucci, al debutto in una semifinale di Champions League davanti a Francesco Totti, che non ne ha giocata nemmeno una.