Coronavirus, Ischgl il villaggio tirolese fonte dei contagi di mezza Europa: cosa è accaduto

Coronavirus, la storia del villaggio di Ischgl
Coronavirus, la storia del villaggio di Ischgl

I primi mesi dell’anno, solitamente, sono dedicati alle settimane bianche con il popolo dei vacanzieri che si sposta nelle località più gettonate d’Europa. Fra i posti più frequentati da sciatori ed escursionisti c’è il villaggio tirolese di Ischgl, borgo di 1500 abitanti, una delle tante realtà sciistiche austriache.

Il 29 febbraio scorso un Boeing della Iceland Air, proveniente da Monaco di Baviera, atterrò a Reykjavik: l’aereo trasportava, in maggioranza, turisti islandesi di ritorno proprio dal Tirolo. L’Islanda era già in allerta per l’emergenza Coronavirus, così i vacanzieri vennero sottoposti al tampone risultando in gran parte positivi. Tanto è bastato per decretare Ischgl centro nevralgico dei contagi, anche se la questione, inizialmente, è stata sottovalutata.

La goccia che fece traboccare un vaso già ricolmo fu il susseguirsi di turisti trovati positivi dopo aver soggiornato nella località del Tirolo. Numerosi i paesi da cui provenivano, dalla Germania alla Danimarca,fino al dato clamoroso registrati su gruppi di turisti norvegesi. Basta pensare che, a inizio marzo, su 1198 infettati totali da Coronavirus della Norvegia, ben 491 avevano sciato a Ischgl.

Villaggio di Ischgl centro nevralgico del contagio da COVID-19: la vicenda

Villaggio di Ischgl centro nevralgico dei contagi
Villaggio di Ischgl centro nevralgico dei contagi

Ormai il dato era incontrovertibile: Ischgl era un focolaio di contagi. Tuttavia le autorità tirolesi ignorarono volutamente le statistiche per una settimana, soprassedendo con una ragguardevole dose di cinismo e arroganza: “Non è verosimile che il Tirolo sia stato focolaio di infezione”, questo ha dichiarato Franz Katzgraber (direttore sanitario del Land). C’era una stagione sciistica da salvare, in barba a qualunque cosa. Persino alla salute. Eppure l’allarme dai virologi era stato dato, a fronte di numeri poco interpretabili.

Il 7 marzo è arrivata l’ufficialità del primo caso di COVID-19 all’interno del villaggio: un tedesco di 36 anni, barman al Kitzloch, celebre baita della movida locale. Anche in tal caso, molte furono le persone venute a contatto con quest’ultimo, ma per arrivare ad avere un provvedimento netto si è dovuto attendere il 14 marzo quando l’appello congiunto dei ministri della salute e dell’interno intimò di mettersi in quarantena a chiunque si fosse trovato in Tirolo dal 28 febbraio. Pochi giorni fa le misure cautelative sono divenute ancor più stringenti.

Attualmente da Ischgl non si entra e non si esce, ma le misure sono state tardive. Infatti il numero di contagiati direttamente nella valle alpina è in continuo aumento: più di mille. La stampa estera, in particolare quella austriaca, ha attaccato la struttura puntando il dito contro l’incuria del governo tirolese durante un’emergenza sanitaria di tale portata. “Terreno di coltura” è stato definito il villaggio dal Der Standard, il più autorevole quotidiano austriaco. Una pagina grigio-scura di cronaca, fra ignavia e avidità delle diverse parti in causa. Oltre il danno, la beffa.

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